2 minuti per la lettura
Individuato il “caporale” in un pakistano a cui gli imprenditori si rivolgevano per manodopera illegale e a basso costo
COSENZA – I lavoratori reclutati venivano alloggiati in stalle e porcili adibiti a dormitori. È quello che ha scoperto la Guardia di Finanza della Tenenza di Montegiordano, sull’alto Jonio cosentino, durante un’indagine in materia di intermediazione illecita e sfruttamento di manodopera immigrata che ha permesso di segnalare all’autorità giudiziaria 49 persone.
Le indagini su questo ennesimo episodio di caporalato sono state avviate a seguito del controllo dei transiti sulla statale jonica e poi delegate dalla procura della Repubblica di Castrovillari, hanno interessato il periodo dal mese di febbraio 2015 al maggio del 2016 ed hanno permesso di identificare un soggetto extracomunitario, di nazionalità pakistana tale B. M., ritenuto vero e proprio punto di riferimento, nella piana di Sibari, per quegli imprenditori agricoli che necessitano di manodopera illegale ed a basso costo.
[editor_embed_node type=”photogallery”]70658[/editor_embed_node]
Il “caporale”, nella gestione dell’attività illecita, godeva della protezione di due soggetti affiliati ad una ‘ndrina locale e con 19 immigrati irregolari, e con un soggetto latitante. I lavoratori reclutati, venivano alloggiati in dormitori ricavati da stalle, porcili e altri luoghi in condizioni igieniche-sanitarie degradanti. I loro documenti di identità erano detenuti dal “caporale” che conservava in alcuni armadi metallici, dei quali solo lui deteneva la chiave. Oltre che a condizioni di salario da fame, gli operai erano costretti a lavorare privi dei più elementari dispositivi di sicurezza.
L’esame delle transazioni finanziarie ha consentito di ricostruire i guadagni illeciti del “caporale” quantificati in circa 250.000 euro, incassati in poco più di un anno, in parte destinati anche alle cosiddette “bacinelle” delle organizzazioni criminali. La rimanente parte dei guadagni dell’attività di intermediazione venivano trasferiti in Pakistan, paese di origine del “caporale”, attraverso servizi di money-transfer e post-pay.
Quanto emerso evidenzia che la richiesta e la successiva “assunzione” illegale di personale da impiegare nella Sibaritide costituisce ancora una diffusa prassi illecita contro la quale continua l’impegno delle Fiamme Gialle a tutela della legalità e della dignità delle persone sottoposte a condizioni di sfruttamento nel mondo del lavoro.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA