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Profughi ucraini ospiti dell'associazione De Maria a Cosenza

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COSENZA – C’è chi ha trovato lavoro e ha affittato una casa tutta per sé. Chi è stato inserito in progetti d’accoglienza e integrazione e chi, ancora, ha deciso di abbandonare la Calabria e fare ritorno nella propria terra. Sono molte, moltissime le storie degli ucraini arrivati in regione quasi un anno fa, subito dopo lo scoppio della guerra nei territori bombardati dal Cremlino. A raccontarle è Franco De Maria, presidente dell’associazione “Gianmarco De Maria” che, a marzo scorso, ha immediatamente aperto le porte della sua struttura di Cosenza a chi stava scappando dalla furia dei nazionalismi, a donne e bambini, in modo particolare, senza più un rifugio, senza più un tetto sulla testa.

«A quasi un anno dal loro arrivo – spiega De Maria – tutti i nostri ospiti ucraini hanno trovato una sistemazione autonoma. Un mese fa è andata via anche l’ultima donna: lo ha fatto per raggiungere il resto della propria famiglia in Ucraina, residente in una delle città più “lontane” dai luoghi della guerra; gli altri, invece – continua il presidente dell’associazione – sono andati via a ottobre 2022, una volta trovata appunto una sistemazione autonoma sul nostro territorio: dalla casa in locazione fino a quanto predisposto dalla rete Sai». Chi ha preso la decisione di tornare a casa lo ha fatto, insomma, «per nostalgia», nonostante «avessimo, nel caso di specie, provveduto a trovare un lavoro; ma – continua De Maria – queste sono decisioni insindacabili e che possono essere facilmente comprese davanti a un dramma di questa portata».

Chi, al contrario, è rimasto in Calabria «lo ha fatto consapevolmente, essendosi integrato assai bene nella comunità e – chiosa – avendo imparato la lingua italiana quasi alla perfezione». Mesi, dunque, quelli vissuti dalle quindici persone che, come si diceva, a partire da marzo 2022 hanno fatto ingresso nei locali dell’associazione “Gianmarco De Maria” – impegnata ordinariamente nel prendersi cura dei bambini ospedalizzati, di quelli con patologie oncologiche e delle loro famiglie – che sono stati dolorosi e al contempo pieni di sorpresa. «Per loro – spiega Franco De Maria – è stato come vivere una seconda vita, contrassegnata da esperienze e abitudini nuove rispetto al passato e poi, dall’altro lato – aggiunge -, queste persone hanno, com’è ovvio, anche dovuto fare i conti con la paura: in molti avevano e hanno parenti al fronte, in prima linea a combattere».

Cosenza e la Calabria tutta, quindi, sono diventate per i profughi ucraini una casa lontano da casa. «Ci abbiamo messo tutto noi stessi – dice ancora Franco De Maria – per farli sentire protetti e al sicuro. Un’accoglienza – aggiunge il presidente – che, col senno di poi, ripeteremmo a occhi chiusi e lo faremmo nonostante i disguidi di tipo economico che ci sono stati, con la Prociv che, dopo il bando, a causa di uno strano cavillo, non ci ha mai dato rimborsi e fondi ministeriali (di questa storia il Quotidiano ne ha parlato approfonditamente ad agosto scorso, ndr). Tuttavia, ripeto – termina De Maria -, le cose importanti sono altre: è importante che i nostri ospiti abbiano riacquistato la speranza». La speranza di costruirsi un futuro.

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