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Antonio Nicaso e Nicola Gratteri

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CATANZARO – Un’inchiesta inquietante, capace di aprire un varco nell’evoluzione che la ‘ndrangheta ha avuto nelle regioni del Nord Italia. Tutto arricchito da citazioni, ricostruzioni giudiziarie, intercettazioni, storie di processi e di udienze che hanno svelato lo strapotere criminale.

“Complici e colpevoli” è il nuovo libro del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, e del giornalista e studioso Antonio Nicaso.

La copertina del libro

Come gli stessi autori lo definiscono, è un volume capace di spiegare come il Nord abbia aperto le porte alla ‘ndrangheta. Edito da “Strade blu” di Mondadori è in libreria da ieri e promette di essere un testo su cui riflettere e approfondire. Il volume, che abbiamo letto in anteprima, è un viaggio nel «profondo Nord», come lo etichettano Gratteri e Nicaso. Tutto inizia negli anni Settanta, ma in alcune regioni anche prima. Le aree prese in esame sono quelle di Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige. Ad ognuna è dedicata un capitolo, ma le conclusioni degli autori evidenziano quella che appare più di una ipotesi: le regioni analizzate sono quelle dove la presenza delle cosche calabresi è stata già accertata dalle indagini, ma la ‘ndrangheta va ben oltre.

L’allarme sociale che emerge dalle pagine del libro è molto elevato: «L’attenzione si sposta ora sul Piano nazionale di ripresa e resilienza e sulla pioggia di miliardi che sono già arrivati nel nostro Paese. Per le mafie – hanno spiegato Gratteri e Nicaso – l’attuale crisi economica legata alla pandemia è come una muleta sventolata sotto gli occhi del toro». Rispetto allo schema della presenza mafiosa calabrese al Nord i dati sono già da soli inquietanti: i “locali” di ’ndrangheta, ossia le strutture di collegamento delle varie ’ndrine, finora scoperti sono 46, di cui 25 in Lombardia, 15 in Piemonte, 3 in Liguria e 1, rispettivamente, in Veneto, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta. Si tratta, affermano Gratteri e Nicaso, di «un’evidente conferma della capacità di riproduzione del modello organizzativo e relazionale della ’ndrangheta, una mafia che, sebbene sia nata come patologia del potere, nel tempo è diventata un sistema criminale integrato, grazie a relazioni di complicità e collusioni nella sfera legale dell’economia, della politica e delle istituzioni».

«Le imprese in sofferenza in Italia, come nel resto del mondo – hanno denunciato il procuratore di Catanzaro e lo studioso – hanno bisogno di soldi e le mafie sono pronte a invadere ogni spazio lasciato vuoto nell’economia legale». L’invasione del Nord, lo ribadiscono gli autori, non è stata un «contagio», perché «le mafie, soprattutto nelle regioni che determinano l’andamento dell’economia nazionale, sono diventate agenzie di servizi, o meglio vengono sempre più percepite come tali. Niente sangue, niente allarme. I boss si sono fatti furbi. E lo ammettono senza tanti giri di parole».

Una tesi intercettata dagli inquirenti, con il boss pronto ad ammettere: «La gente ci descrive come fossimo dei mostri …, delle persone senza scrupoli, come se fossimo cattivissimi, come se ammazzassimo così a caso. No che non è vero … sappiamo farlo quando serve. Io so essere cattivo, quando serve. Se non serve faccio la persona normale». L’approfondimento offerto da Gratteri e Nicaso ha consentito di evidenziare quanto «al Sud come al Nord le mafie hanno goduto di una lunga e colpevole sottovalutazione, frutto dell’erronea convinzione che la modernità le avrebbe spazzate via e, soprattutto, che al Nord il senso civico e le condizioni di benessere collettivo ne avrebbero limitato i margini. Gli anticorpi non hanno funzionato».

Così, «dalla moneta virtuale del casinò valdostano all’oro rosso del Trentino-Alto Adige, i boss della ’ndrangheta hanno sempre trovato porte aperte, uomini disposti a trattare, mediare, stringere accordi in un efficiente sistema di relazioni anche con il mondo politico locale in grado di garantire appalti pubblici, facilitare procedure di subappalto e attuare politiche di governo del territorio favorevoli alle imprese collegate ai clan».

Complici e colpevoli, dunque, tutti assieme per interessi convergenti. 

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