Il procuratore Nicola Gratteri
2 minuti per la letturaCATANZARO – Dalle prime ore del mattino, i Carabinieri del Comando Provinciale di Catanzaro e Reparti speciali sono impegnati nella provincia di Catanzaro ed in alcune località del nord italia in una vasta operazione, denominata Reventinum, volta all’esecuzione di un fermo di indiziato di delitto per associazione per delinquere di tipo mafioso ed altri reati contro il patrimonio e contro le persone.
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Il fermo è stato eseguito nei confronti di 12 persone ritenute appartenenti a due contrapposte cosche di ‘ndrangheta attive nell’area montana della PreSila catanzarese, in particolare si tratta delle famiglie Scalise e Mezzatesta protagoniste di una faida nel corso degli ultimi anni tra Soveria Mannelli e Decollatura.
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Sono contestualmente state svolte numerose perquisizioni.
Il provvedimento di fermo è stato emesso dalla Procura della Repubblica, Direzione Distrettuale Antimafia, di Catanzaro, guidata dal procuratore Nicola Gratteri.
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Ai destinatari del fermo sono contestati una serie di reati nell’ambito di una vera e propria faida scaturita per la supremazia del controllo dell’area montana della provincia.
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Alcuni fermati nell’operazione coordinata dalla Dda di Catanzaro e condotta dai carabinieri del Comando provinciale sono accusati anche di violenza privata e sequestro di persona dell’avvocato Francesco Pagliuso (SCOPRI TUTTI I CONTENUTI SULL’OMICIDIO DI FRANCESCO PAGLIUSO), ucciso in un agguato il 9 agosto 2016 a Lamezia Terme (LEGGI).
Il sequestro sarebbe avvenuto 2 anni prima. Per il delitto, nel 2018, è stato arrestato Marco Gallo (LEGGI LA NOTIZIA DELL’ARRESTO), insospettabile 33enne lametino titolare di una società di consulenze che, per l’accusa, sarebbe un sicario a pagamento.
Per gli inquirenti, Pagliuso sarebbe stato ucciso da Gallo per una vendetta trasversale ed in particolare per la sua vicinanza a Domenico Mezzatesta, l’ex vigile urbano responsabile, insieme al figlio Giovanni, del duplice omicidio, avvenuto nel 2013 in un bar di Decollatura, di Giovanni Vescio e Francesco Iannazzo (LEGGI IL CASO), ritenuti vicini alla famiglia Scalise. Da qui si sarebbe innescata una spirale di sangue.
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