La Corte di Cassazione
3 minuti per la letturaLAMEZIA TERME (CZ) – Assolto definitivamente il politico lametino Giampaolo Bevilacqua. Dopo un lunghissimo iter processuale, iniziato nel 2013 con l’operazione Perseo che aveva portato all’arresto, a luglio del 2013, anche, di molti professionisti e politici ritenuti vicini alla criminalità organizzata (sulla base anche delle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia) si è conclusa, infatti, con un’assoluzione piena e definitiva, la drammatica vicenda giudiziaria che ha riguardato il politico Giampaolo Bevilacqua, 54 anni, di Lamezia Terme.
Al politico (nonché dipendente della Regione Calabria) venivano contestati i reati di concorso esterno in associazione mafiosa e di estorsione nei confronti di un imprenditore lametino. In particolare – secondo le accuse – Bevilacqua avrebbe acquistato circa tre-quattro tute da ginnastica, svariate paia di calze, nonché alcune maglie, corrispondendo solo una somma in contanti di 250 euro, a fronte di un valore commerciale della merce, iva compresa, di 450 euro, pretendendo lo sconto sulla merce medesima, in particolare chiedendo, in talune circostanze – secondo le ipotesi accusatorie – di fargli un buon trattamento sulla merce acquistata poiché non era per sé ma per «alcuni detenuti».
Bevilacqua è stato ritenuto il politico di riferimento del clan Giampà nella sua qualità, all’epoca dei fatti, di consigliere provinciale, capogruppo Pdl, presidente della Commissione provinciale lavori pubblici, nonché rappresentante della Provincia nel Consiglio di amministrazione della Sacal (società di gestione all’epoca solo dell’aeroporto internazionale di Lamezia Terme, di cui Bevilacqua ricopriva l’incarico di vicepresidente e per alcuni mesi di presidente facenti funzioni). Il processo di primo grado si era concluso, nel 2015, con la condanna di Bevilacqua per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa e l’assoluzione per insussistenza del fatto in relazione all’accusa di estorsione.
Avverso la sentenza di assoluzione, proposero appello sia il pm della Dda di Catanzaro, che impugnava l’assoluzione per l’accusa di estorsione, che il difensore di Bevilacqua, l’avvocato Francesco Gambardella, che invece eccepiva l’insussistenza degli elementi per potere ritenere Giampaolo Bevilacqua concorrente esterno di un’associazione mafiosa. La Corte di Appello di Catanzaro riformava la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme, accogliendo l’appello del difensore e rigettando quello del pm, così assolvendo Bevilacqua anche dal reato di concorso esterno. Avverso tale sentenza, ampiamente liberatoria, avanzava ricorso in Cassazione il procuratore generale di Catanzaro, chiedendo che la Corte di Cassazione annullasse la sentenza di assoluzione, così ritenendo responsabile Bevilacqua per entrambi i reati (sia quello di concorso esterno in associazione mafiosa che quello di estorsione).
La Corte di Cassazione, presieduta allora dal pm di “Mani pulite” da Piercamillo D’Avigo, quindi, nell’accogliere integralmente il ricorso del pg di Catanzaro, annullava la sentenza assolutoria e disponeva il rinvio, per un nuovo giudizio, alla Corte di Appello di Catanzaro. Da qui la celebrazione del processo di appello che si è concluso, nel 2020, con la condanna di Bevilacqua a cinque anni e sei mesi di reclusione e la contestuale interdizione perpetua dai pubblici uffici ritenuto, avendolo ritenuto responsabile di entrambi i reati di concorso esterno in associazione mafiosa e estorsione.
Avverso tale sentenza di condanna, questa la volta il difensore dell’imputato, l’avvocato Francesco Gambardella, proponeva ricorso in Cassazione, postulando una serie di argomentazioni fondate sulla palese inattendibilità dei collaboratori di giustizia e sollevando altre questioni, così chiedendo l’annullamento della sentenza di condanna. Da qui la celebrazione del ricorso in Cassazione che, nella tarda serata di ieri, ha accolto il ricorso difensivo, annullando senza rinvio la sentenza di condanna ritenendo insussistenti entrambi i reati. È quindi ora definitiva l’assoluzione di Giampaolo Bevilacqua per le accuse a lui rivolte che gli causarono un brusco stop alla sua attività politica e istituzionale.
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