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 Giuseppe Lupo
nella terra degli avi  
di BENEDETTO CARLUCCI
QUANDO Giuseppe Lupo (Atella, classe 1963) si laureò alla Cattolica di Milano in Lettere moderne nel 1986, il grande pubblico nazionale ignorava chi fosse questo giovanotto occhialuto. I più informati, nel Melfese, conoscevano i suoi genitori: Lorenzo, dirigente scolastico e la mamma, Maria Telesca, maestra  elementare. Eppure, Giuseppe Lupo, una volta deciso di fare carriera in Lombardia, si guardò intorno e mise su casa a Rescaldina, a pochi chilometri da Milano. 
Tante volte Giuseppe tornò (e torna ancora) ad Atella. Dove è diventato l’orgoglio di questa comunità cittadina. Con  Lupo si è creata una simbiosi culturale così perfetta e così intima, che tutti conosce in paese e tutti saluta per nome. Per il Quotidiano della Basilicata lo abbiamo incontrato in piazza Municipio. Ecco l’intervista. 
Alla luce della sua esperienza letteraria attuale, Lupo, pensa che tanto successo le sarebbe arriso ugualmente, se non avesse fatto tanti anni fa la scelta di spostarsi a Milano? 
«Beh, cosa vuole che le dica? Restare al Sud più interno avrebbe reso tutto più difficile. Come sa bene, Milano consente contatti culturali, economici ed editoriali enormemente più efficaci ed utili per chiunque voglia fare carriera in ogni campo».
Lei, alla sua età (che sfiora  appena il mezzo secolo) ha raggiunto la piena maturità artistica come romanziere. Come mai solo adesso si è deciso a “nominare” il suo paese lucano: Atella, nell’ultimo suo romanzo ”Viaggiatori di nuvole”?
«Non è esatto. Anche negli altri miei libri – quand’anche usando,  quasi con pudore, gli strumenti dell’invenzione romanzata – ho tratteggiato ambienti, figure e situazioni, diciamo così, atellaneggianti (o, anche, lucaneggianti).   
Ma adesso, in quest’ultimo libro, ambientato tra Quattro e Cinquecento, io ho romanzato un grande evento politico e militare, che si chiama esattamente “Assedio di Atella”. Non potevo in alcun modo non chiamare Atella, il paese vittima dell’assedio del 1496».
Cosa insegue Giuseppe Lupo, nella sua carriera letteraria – se ci consente – brillante?
(Lo scrittore atellano-milanese sorride… e confessa): «La mia professione letteraria ha le sue regole, impone certi suoi sacrifici, ma dà anche immancabili soddisfazioni. Cerco di scrivere le mie “storie” con serietà ed impegno professionale».
Visitando la Basilicata per presentare “Viaggiatore di nuvole” le  capiterà di accorgersi che i nostri paesi sono cambiati: cosa ne pensa al riguardo?
«Penso che i paesi lucani… cambiano. Purtroppo, non sempre in meglio! Abbiamo gli stessi difetti dell’intera Penisola, ma a me pare che si indebolisca sempre di più la tradizione del libro cartaceo. Veicolo secolare di cultura fino a tutto il Novecento». 
Maestro, che ne pensa delle sue presentazioni?
«Mi piacciono.  Mi ci diverto tanto, anche perché, al di là degli aspetti comuni, questi “incontri letterari” mettono in evidenza le peculiarità dei nostri paesi lucani (ed, anche, italiani)».
Lei ha cominciato i suoi studi universitari alla Cattolica di Milano occupandosi del “periodo milanese” di un Grande lucano: l’ingegnere-poeta di Montemurro: Leonardo Sinisgalli. Ma lei, in concreto, come si pone, oggi, nei suoi riguardi?
«Un legame, effettivamente, c’è tra Sinisgalli e me. In effetti, il maestro di Montemurro ha svolto una funzione “dialogante”,  di modello tra cultura antica e la civiltà meccanica. Trovo la mia funzione culturale di conciliazione interculturale perfettamente allineata con lui. Pur, fatta salva, la specificità della mia poetica e dei tempi attuali».
Lupo, lei può essere definito uno dei più credibili cantori della Basilicata del terzo Millennio. Cosa intravede nel nostro futuro regionale?
«Non amo vestire i panni del profeta. Ma penso fortemente che la Basilicata sopravviverà nella misura in cui metterà in campo un ruolo progettuale autonomo ed originale nell’ambito delle Regioni meridionali del Paese».
Se avesse in mano la tavolozza di un pittore, come colorerebbe la Lucania odierna?
«Di verde e di marrone. Che sono i colori pieni della stagione autunnale, che si avvicina».
Sinceramente, Lupo, confidi ai nostri (e suoi) lettori: di cosa si occuperà il suo prossimo romanzo?
«Voglio solo anticipare che riguarderà una storia sugli ultimi 150 anni. Arrivederci in libreria!».

QUANDO Giuseppe Lupo (Atella, classe 1963) si laureò alla Cattolica di Milano in Lettere moderne nel 1986, il grande pubblico nazionale ignorava chi fosse questo giovanotto occhialuto. I più informati, nel Melfese, conoscevano i suoi genitori: Lorenzo, dirigente scolastico e la mamma, Maria Telesca, maestra  elementare. Eppure, Giuseppe Lupo, una volta deciso di fare carriera in Lombardia, si guardò intorno e mise su casa a Rescaldina, a pochi chilometri da Milano. Tante volte Giuseppe tornò (e torna ancora) ad Atella. Dove è diventato l’orgoglio di questa comunità cittadina. Con  Lupo si è creata una simbiosi culturale così perfetta e così intima, che tutti conosce in paese e tutti saluta per nome. Per il Quotidiano della Basilicata lo abbiamo incontrato in piazza Municipio. Ecco l’intervista. 

 

Alla luce della sua esperienza letteraria attuale, Lupo, pensa che tanto successo le sarebbe arriso ugualmente, se non avesse fatto tanti anni fa la scelta di spostarsi a Milano? 

«Beh, cosa vuole che le dica? Restare al Sud più interno avrebbe reso tutto più difficile. Come sa bene, Milano consente contatti culturali, economici ed editoriali enormemente più efficaci ed utili per chiunque voglia fare carriera in ogni campo».

Lei, alla sua età (che sfiora  appena il mezzo secolo) ha raggiunto la piena maturità artistica come romanziere. Come mai solo adesso si è deciso a “nominare” il suo paese lucano: Atella, nell’ultimo suo romanzo ”Viaggiatori di nuvole”?

«Non è esatto. Anche negli altri miei libri – quand’anche usando,  quasi con pudore, gli strumenti dell’invenzione romanzata – ho tratteggiato ambienti, figure e situazioni, diciamo così, atellaneggianti (o, anche, lucaneggianti).   Ma adesso, in quest’ultimo libro, ambientato tra Quattro e Cinquecento, io ho romanzato un grande evento politico e militare, che si chiama esattamente “Assedio di Atella”. Non potevo in alcun modo non chiamare Atella, il paese vittima dell’assedio del 1496».

Cosa insegue Giuseppe Lupo, nella sua carriera letteraria – se ci consente – brillante?

(Lo scrittore atellano-milanese sorride… e confessa): «La mia professione letteraria ha le sue regole, impone certi suoi sacrifici, ma dà anche immancabili soddisfazioni. Cerco di scrivere le mie “storie” con serietà ed impegno professionale».

Visitando la Basilicata per presentare “Viaggiatore di nuvole” le  capiterà di accorgersi che i nostri paesi sono cambiati: cosa ne pensa al riguardo?

«Penso che i paesi lucani… cambiano. Purtroppo, non sempre in meglio! Abbiamo gli stessi difetti dell’intera Penisola, ma a me pare che si indebolisca sempre di più la tradizione del libro cartaceo. Veicolo secolare di cultura fino a tutto il Novecento». 

Maestro, che ne pensa delle sue presentazioni?

«Mi piacciono.  Mi ci diverto tanto, anche perché, al di là degli aspetti comuni, questi “incontri letterari” mettono in evidenza le peculiarità dei nostri paesi lucani (ed, anche, italiani)».

Lei ha cominciato i suoi studi universitari alla Cattolica di Milano occupandosi del “periodo milanese” di un Grande lucano: l’ingegnere-poeta di Montemurro: Leonardo Sinisgalli. Ma lei, in concreto, come si pone, oggi, nei suoi riguardi?

«Un legame, effettivamente, c’è tra Sinisgalli e me. In effetti, il maestro di Montemurro ha svolto una funzione “dialogante”,  di modello tra cultura antica e la civiltà meccanica. Trovo la mia funzione culturale di conciliazione interculturale perfettamente allineata con lui. Pur, fatta salva, la specificità della mia poetica e dei tempi attuali».

Lupo, lei può essere definito uno dei più credibili cantori della Basilicata del terzo Millennio. Cosa intravede nel nostro futuro regionale?

«Non amo vestire i panni del profeta. Ma penso fortemente che la Basilicata sopravviverà nella misura in cui metterà in campo un ruolo progettuale autonomo ed originale nell’ambito delle Regioni meridionali del Paese».

Se avesse in mano la tavolozza di un pittore, come colorerebbe la Lucania odierna?

«Di verde e di marrone. Che sono i colori pieni della stagione autunnale, che si avvicina».

Sinceramente, Lupo, confidi ai nostri (e suoi) lettori: di cosa si occuperà il suo prossimo romanzo?

«Voglio solo anticipare che riguarderà una storia sugli ultimi 150 anni. Arrivederci in libreria!».

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