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Il tribunale di Potenza

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POTENZA – Quattro avvocati su cinque candidati sindaci per la città di Potenza, uno dei quali coniugato con un magistrato in servizio nell’ufficio gip, più un quinto candidato laureato in scienze politiche, che si accompagna in maniera stabile con una pm Antimafia: attraversa il tribunale di Potenza la contesa elettorale per la fascia tricolore del capoluogo, il più grande dei 52 centri lucani dove l’8 e il 9 giugno si rinnoveranno sindaci e amministratori comunali. Con due avvocati cancellatisi dall’albo alla guida delle coalizioni di centrodestra, e Pd più alleati. Rispettivamente, Francesco Fanelli e Vincenzo Telesca. Due avvocati “effettivi”, come Pierluigi Smaldone e Maria Grazia Marino, in corsa per la mini coalizione a guida M5s-Verdi, il primo, e la lista Forza del popolo, la seconda. E il politologo Francesco Giuzio a capo della lista La Basilicata Possibile.

Qualcuno, a microfoni spenti, ha già definito la sfida di Potenza «un derby elettorale del tribunale, tra la Procura e l’Ufficio gip». Dal momento che Marino è la moglie di Lucio Setola, decano dei giudici per le indagini preliminari, mentre Giuzio è legato alla pm Sarah Masecchia. Ma di cori e striscioni non c’è traccia tra il primo e il quarto piano dell’astronave di via Nazario Sauro. Anche perché dall’esito dello scrutinio potrebbero derivare una serie di incompatibilità per i coniugi-compagni dei candidati. Con inevitabili ricadute sul funzionamento di uffici, che già soffrono di carenze d’organico difficili da colmare, data la scarsa attrattività della sede potentina.

Non più tardi di tre mesi fa, a ben vedere, una più ampia riflessione, proprio in tema di toghe e candidature, era stata sollecitata dall’ex presidente della Corte d’appello lucana, Alberto Iannuzzi. Rinunciando alla corsa come candidato governatore, da neo-pensionato, in ossequio a un’interpretazione estensiva dello spirito della norma introdotta nel 2022 dalla Riforma Cartabia. Ovvero dell’ineleggibilità per i magistrati, «se prestano servizio, o lo hanno prestato nei tre anni precedenti» in sedi giudiziarie competenti per l’ambito territoriale della consultazione.

Nessuna preclusione espressa, insomma, per i magistrati in pensione, o i coniugi e i compagni di magistrati in servizio. Come in quest’ultimo caso che riguarda il Comune di Potenza. Ma una questione di opportunità senz’altro, dal momento che il legislatore ha comunque inteso prevenire il rischio che chi ha svolto, o svolge, una funzione giudiziaria possa strumentalizzarne l’esercizio per raccogliere consensi. Ovvero che i detentori/mediatori di “pacchetti di voti”, veri o presunti, possano pensare di “pesarli” sulla bilancia della dea bendata, condizionandone le decisioni.

Su questa evidente restrizione dell’elettorato passivo nei prossimi mesi potrebbe essere sollevata persino una questione di costituzionalità. Quantomeno per chiarire il motivo dell’assenza di simili limitazioni per i cittadini titolari di altre funzioni pubbliche importanti. Basti pensare, restando alla contesa potentina, allo stesso Telesca, che è un funzionario in forza alla Stazione unica appaltante della Regione Basilicata. Parla di «pregiudizio», in effetti, la stessa Marino, che ha rilasciato al Quotidiano un commento al riguardo. «Ho sempre separato il mio percorso professionale da quello personale, e intendo farlo anche per il mio percorso politico».

Queste le parole della candidata di Forza del popolo. «Non mi sono mai avvalsa di alcun modo della figura di mio marito che ho conosciuto il primo giorno di università, dunque ben prima che assumesse il suo ruolo attuale». Ha aggiunto l’avvocata. «Non essendoci una norma espressa in tema di incandidabilità che possa attagliarsi al mio caso non intendo farmi condizionare da un eventuale pregiudizio. Il punto è che tipo di persone siamo e perché abbiamo deciso di candidarci. Io ho ritenuto di farlo per far sentire la voce delle persone che amano la costituzione e delle minoranze, ricordando l’esistenza dei diritti inviolabili dell’uomo e l’importanza di garantirli».

Marino ha replicato anche a una domanda su una possibile incompatibilità del marito, rispetto al suo attuale ruolo di gip al tribunale di Potenza, se lei al termine della competizione elettorale fosse eletta come sindaca. «Con mio marito non abbiamo ancora affrontato il tema della mia possibile elezione». Ha spiegato. «Ma essendosi sempre attenuto alle norme esistenti, espresse e inespresse, anche soltanto in termini di opportunità, credo che saprà trarne le dovute conseguenze». Il Quotidiano ha contattato anche la pm Masecchia, che da qualche mese è la referente per la Provincia di Matera della Direzione distrettuale antimafia. Da parte sua, però, nessun commento su un’eventuale incompatibilità residua, dato che questo nuovo incarico “materano” parrebbe averla allontanata dalle vicende potentine.

Non è la prima volta, ad ogni buon conto, che un coniuge-convivente di un magistrato corre per la fascia tricolore di Potenza. Nel 2014 fu l’ex direttore generale del San Carlo, Michele Cannizzaro, marito dell’ex pm Felicia Genovese, a tentare la conquista del Palazzo di città. Sebbene all’epoca la moglie prestasse servizio a Roma. A settembre di due anni fa, invece, un caso simile ha riguardato la Procura di Matera ed è finito al Consiglio superiore della Magistratura. Con l’apertura di un procedimento per incompatibilità ambientale nei confronti del pm Salvatore Colella, poi trasferitosi sua sponte a Taranto, a causa di un potenziale conflitto di interessi col fratello Arcangelo, assessore al bilancio della giunta M5s della città dei Sassi.

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