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POTENZA – Undici anni di processo per il furto di un auto e 18mila euro di Gratta e vinci, contanti e «merce varia» da una tabaccheria di Salandra, a gennaio del 2012. Una condanna in primo grado, a Matera, a gennaio del 2018, confermata in appello a novembre del 2021. Cinque mesi prima dell’udienza in Cassazione, però, entra in vigore la riforma Cartabia. Risultato: i due volte condannati la fanno franca per mancanza della querela dei proprietari dell’auto e della tabaccheria.
E’ quanto accaduto nei giorni scorsi a due pregiudicati di Rapolla, Franco e Vincenzo Donadio, che si sono visti annullare la condanna rimediata assieme a un terzo presunto complice, il cerignolano Eugenio Cinquepalmi. Quello dei due Donadio è uno dei primi processi lucani “neutralizzati” in Cassazione dalla riforma voluta dall’ex ministro della Giustizia, Marta Cartabia, che ha esteso la procedibilità a querela di parte per 13 reati previsti dal Codice penale per ridurre il carico degli uffici giudiziari e, di conseguenza, i tempi medi di definizione dei procedimenti penali. Con effetti dirompenti, tuttavia, non solo su quelli ancora pendenti in fase d’indagini o in primo grado, ma anche su quelli nei quali un’affermazione di colpevolezza c’è già stata. O addirittura una doppia affermazione di colpevolezza come nel caso dei Donadio, ai quali non restava che sperare nel vaglio di legittimità della Corte di cassazione sull’operato dei giudici di merito.
Nella sentenza dei giudici di piazzale Cavour, che ha annullato le condanne inflitte a entrambi in primo e secondo grado, si evidenzia che «nei tre mesi successivi ai fatti» i proprietari dell’auto rubata e della tabaccheria svaligiata non avevano proposto querela, per chiedere la condanna dei ladri. D’altronde le leggi vigenti all’epoca, nel 2012, non prevedevano che fosse necessario, trattandosi di reati capaci di suscitare un certo allarme sociale. La Cassazione, a seguire, dà atto che la querela non è stata presentata «neppure nei tre mesi successivi all’entrata in vigore» della riforma Cartabia, che prevedeva questa possibilità per “salvare” i processi ancora d’interesse per le vittime. Non è escluso, ad ogni buon conto, che sia il proprietario del tabacchino che il proprietario dell’auto rubata non sapessero nulla al riguardo. Per non complicare il lavoro degli uffici giudiziari, infatti, con la conversione in legge dell’allora decreto Cartabia è stata eliminata la previsione che imponeva agli uffici giudiziari di dare informazione alla persona offesa della facoltà di esercitare a posteriori il diritto di querela, per evitare che gli autori di furti, danneggiamenti e altre condotte ai loro danni la facessero franca in questo modo.
Un ulteriore aspetto alquanto originale del caso dei due Donadio, poi, riguarda la “mala sorte” del loro complice Cinquepalmi, che si è visto negare la “benedizione” della Cartabia per un’altra questione alquanto sfuggente. Poiché il ricorso presentato dal suo difensore è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione a differenza di quello presentato dal difensore dei due lucani. Sicché rispetto al primo la Corte non avrebbe potuto passare ad affrontare altre questioni, come la mancanza di querela o il decorso dei termini di prescrizione, come invece ha fatto con gli altri due.
Franco Donadio, nato a Melfi del 1998, risulta già condannato in via definitiva con un’altra persona per il furto di «prodotti alimentari e di altri materiali destinati alla loro conservazione» dal magazzino della mensa della scuola elementare Michele Preziuso di Rionero in Vulture. Vincenzo Donadio, che è del 1990, invece risulta pregiudicato per violenza o minaccia a un pubblico ufficiale.
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