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POTENZA – Stipendiato da un clan del Metapontino con un «fisso» da 1.200 euro al mese, a cui aggiungeva dei «bonus» per informazioni più delicate sulle indagini in corso e su imminenti blitz delle forze dell’ordine: in totale, in quattro anni, dal settembre 2015 al novembre 2019, ha ricevuto circa 75 mila euro.
Michele Fico, vicebrigadiere dei Carabinieri, di 49 anni, all’epoca dei fatti contestati dalla Direzione distrettuale antimafia di Potenza, era in servizio a Bernalda (Matera). Trasferito a Santeramo in Colle (Bari), oggi è stato arrestato a Castellaneta (Taranto) dalla Polizia, con le accuse, in concorso con il pregiudicato Vincenzo Porcelli, di corruzione in atti giudiziari continuata, rivelazione di segreto d’ufficio aggravata e continuata e ricettazione.
Le indagini condotte dalle Squadre mobili di Potenza e Matera sono partite proprio da alcune dichiarazioni di Porcelli, condannato in primo grado per traffico di sostanze stupefacenti e attualmente detenuto: è lui l’uomo che per anni ha tenuto aperto il «canale» con il carabiniere infedele. Per gli investigatori, Porcelli non ha la statura criminale da vero “boss», ma negli anni ha comunque gestito un consistente spaccio di droga nella fascia jonica lucana, una striscia di passaggio tra Puglia e Calabria, da diverso tempo sotto i riflettori accesi dalla Dda guidata dal Procuratore di Potenza, Francesco Curcio.
Ebbene, secondo l’accusa, Porcelli e Fico concordavano numerosi appuntamenti, dove il pregiudicato consegnava al carabiniere lo «stipendio», in cambio di «notizie e informazioni apprese per ragioni di servizio che – è specificato nel comunicato della Dda potentina – dovevano rimanere segrete». E così le soffiate sulle indagini in corso, da parte della Compagnia di Pisticci (Matera) dei Carabinieri e delle altre forze di polizia operanti a Bernalda e in altri centri del Metapontino, hanno permesso a Porcelli e agli affiliati al clan di evitare in diverse occasioni arresti in flagranza di reato o sequestri di sostanze stupefacenti.
Il vicebrigadiere avrebbe utilizzato i 75 mila euro ottenuti “come provento dalla corruzione» dal clan «in attività speculative nel settore dei giochi e delle scommesse on line, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza».
Alterne – ha ricostruito la Dda – le fortune al gioco di Fico, con grosse perdite ma anche con vincite da diverse migliaia di euro: comunque Il gip di Potenza ha disposto il sequestro preventivo per equivalente delle somme “illecitamente percepite”.
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