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“Pannella, dov’è Pannella? Avete visto Pannella?”, “Sì, era qui un momento fa. E’ stato al bar della piazza tutta la mattinata”. “No, si è allontanato: voleva fare due passi al sole. Provi lungo il corso, lo troverà là”.
Lo trovo, infatti, Pannella. Eccolo in via XX settembre, all’altezza dei giardini comunali. Sta solo, in mezzo alla strada: il lungo cardigan sgualcito che gli cade sulle ginocchia, i bianchissimi capelli raccolti sulle spalle in una coda di cavallo, il liso pullover beige a girocollo, un’assurda cravatta gialla che gli pende sul davanti. Ha in mano un pacco di volantini e sta tentando di distribuirli agli automobilisti di passaggio.
In effetti sta cercando, con qualche successo, di bloccare la circolazione. E’ lui, non c’è dubbio. Il solito inguaribile rompiscatole. Non sempre i passanti lo riconoscono, sebbene tutti siano incuriositi da questa gigantesca, ieratica figura di vecchio dal volto rugoso e dagli occhi spiritati. Qualcuno forse lo scambia per un questuante, e addirittura accelera rischiando di investirlo. Ma in moltissimi si fermano per salutarlo.
C’è chi gli urla: “Sei un grande”. Ma anche chi lo apostrofa allontanandosi in motorino: “Sei come tutti gli altri”, beccandosi di rimbalzo, a squarciagola: “E tu sei uno stronzo”. Mentre attendo che lui termini la missione che si è assegnato, piazzare tutti i manifestini, non uno di meno, che pubblicizzano il comizio del pomeriggio e la conferenza stampa di oggi con Emma Bonino, si forma finalmente una piccola folla.
Un gruppo esotico, fatalmente: come è nella natura del personaggio. Imprevedibilmente si materializzano tutti i topoi di un immaginario che non si può fare a meno di associare a Pannella (tra gli altri un carcerato in semilibertà che tenta di intavolare una vivace discussione sulla giustizia): una varia umanità nella quale il leader radicale, che si definisce un uomo di strada, sta come un pesce nell’acqua.
Pannella, insomma ci punta molto su queste elezioni lucane? Ma cosa vi aspettate?
Il momento del voto, per noi, è sempre importante. Accade qui quel che successo alle elezioni di Trieste, Taranto, Catania…Tutte esperienze che creano tra noi e le città un rapporto reciproco, destinato a durare nel tempo…
Ma perché vi dovrebbero votare?
Vede? La nostra candidata è una crucca. Bionda, padana…eppure questa deputata, da sola, ha prodotto oltre il 60 per cento di tutti gli strumenti parlamentari riguardanti la Basilicata. Gli altri eletti della regione, gli indigeni, che hanno fatto? Ecco perché Elisabetta Zamparutti rappresenta una garanzia e perché siamo fieri di candidarla. Non deve dimostrare niente. Il lavoro fatto in Parlamento parla per lei. Si tratta soltanto di proseguire con nuove responsabilità quello che ha sempre fatto.
Che giudizio dà della campagna elettorale svoltasi fin qui e della politica in Basilicata?
E’ un fatto noto, anche se i giornali lo hanno quasi ignorato, ma glielo voglio raccontare di nuovo. La prima volta che scendo in Basilicata per le elezioni mi chiamano quelli del Pdl e mi chiedono se abbiamo un candidato per la presidenza. Io rispondo: “Lo ufficializzeremo nei prossimi giorni. E voi?”. Mi dicono che stanno decidendo. Quarantotto ore mi chiama Taddei (parlamentare pdl, ndr) e mi fa: “Noi abbiamo scelto di candidare Pittella. Lui ci sta”. E io ribatto: “Ma Latronico, gli altri, sono d’accordo?”. “Sì, sì, tutti, al mille per cento”. Beh, io rendo pubblica questa cosa e succede il finimondo. E benché nessuno smentisca davvero, alla fine Pittella diventa il candidato del centrosinistra. Se Pittella si guarda allo specchio e si i nterroga non sa manco lui da che parte sta. Un bel dibattito su niente da parte di nulla.
Ma come andrebbe governata, secondo lei, la Basilicata?
Come qualsiasi posto. Nel rispetto del diritto, della giustizia (che è l’amministrazione del diritto) e della democrazia. Ma noi non viviamo in regime di democrazia. La nostra partitocrazia non è altro che la prosecuzione di quella fascista: la quale durò solo vent’anni. Questa è sessant’anni che sta al potere.
Perché parla di antidemocrazia?
Perché il nostro è un Paese tecnicamente criminale: e lo è perché agisce al di fuori della legalità e del diritto positivo contemporanei. Come del resto ha ammesso perfi no il presidente della Rpubblica. Noi ci battiamo cion mezzi non violenti per far uscire l’Italia da questa situazione.
Destra, sinistra, tutti eguali?
Non uguali, ma soci. Per questo votarli è un errore. Se tu voti un’associazione (tecnicamente) per delinquere rispetto alla legalità, è inutile sperare che gli uni siano alternativi agli altri. In questa situazione è inutile sperare in un dibattito basato sul principio di realtà. E senza dibattito reale i cittadini non sono in condizione di fare scelte meditate. E’ su questo, d’altra parte, che la partitocrazia si regge. Le persone non devono essere messe in condizione di orientarsi. I dibattiti sono liti tra soci a delinquere contro la Costituzione.
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