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Domenico Pozzovivo

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NESSUNO poteva immaginare che nella top ten del Giro d’Italia 2022 poteva figurare il nome di Domenico Pozzovivo. Lui che fino a metà febbraio era senza squadra e con un ritiro al precedente Giro alle spalle. Ed invece lo scalatore lucano, seguito anche dall’affetto e dalla premura della moglie Valentina, ha saputo rimettersi in gioco, trovare una squadra e concludere la corsa rosa all’ottavo posto. Il tutto all’età di 39 anni, con le 40 candeline che lo aspettano a fine novembre. E di ritirarsi dalle corse non c’è neppure il pensiero nella sua mente.

Dopo questo grande risultato un po’ di riposo, ma si è già proiettati al Giro di Svizzera.

«Ora sono sullo Stelvio, ho fatto solo un paio di giorni di recupero al mare, poi mi sposto in Svizzera, visto che da domenica ci sarà il Giro elvetico».

Un giro a lei molto caro?

«Per me è una corsa dove ho dei bei ricordi. Arrivando a distanza di due settimane dal Giro d’Italia ci arrivo sempre in un’ottima condizione. Anche lo scorso anno, quando al Giro avevo abbandonato per problemi al gomito, ho fatto il Giro di Svizzera in buone condizioni. Poi vedendo anche il percorso, con due arrivi in salita e con il resto delle tappe con dislivelli abbastanza significativi, perso che anche quest’anno sarà una corsa adatta alle mie caratteristiche».

Ottavo al Giro a 39 anni. La tua carriera è legata al Giro. Quale il tuo legame con la corsa rosa.

«Soprattutto nei primi anni di carriera, dove ero tesserato con una squadra che non aveva diritto a partecipare a tutti gli appuntamenti “World Tour”, il Giro rappresentava sempre il cardine della stagione. E poi il Giro è  la corsa che mi ha avvicinato al ciclismo, seguendo le gesta di Pantani. Per quanto riguarda il percorso, poi, essendoci molta presenza di montagne, è quello dei tre grandi giri che si addice di più alle mie caratteristiche. Anche se la Vuelta non ha molte differenze in altimetrie, anche lo collocazione in calendario all’interno della stagione mi ha sempre consentito di arrivare al top della condizione e quindi è la corsa che mi ha lanciato e nella quale sono riuscito a fare i migliori risultati in classifica generale».

Fino a San Valentino, fino al 14 febbraio, lei era senza contratto. Poi la chiamata dalla Intermarché-Wanty-Gobert, una formazione un po’ sottovalutata e che invece ha fatto molto bene nelle ultime due stagioni. Come ha vissuto quel periodo senza squadra?

«Non è stato semplice, ma dal punto di vista mentale, credo che l’età mi abbia aiutato ad avere una certa solidità ed essere un po’ turbato da quella situazione e da quello che succedeva all’esterno. Ho fatto tesoro delle esperienze degli anni precedenti, ho provato a ripetere quello che facevo con le squadre precedenti, riportando nell’allenamento individuale. Il momento più difficile è stato a metà gennaio, quando tutti i miei colleghi erano in ritiro con le proprie squadre e quello, che è stato un momento chiave, sono riuscito a mantenere la concentrazione, a pormi un obiettivo “immaginario” ovvero di arrivare in condizione per le prime gare di febbraio, anche se a quel punto non avevo nessuna data fissata per le competizioni ufficiali. Quindi ho fatto un ipotetico conut-down verso il 10 di febbraio, cercando di arrivarci nelle migliori condizioni».

Alla Tirreno-Adriatico è  arrivato a ridosso dei primi dieci, e poi il capolavoro al Giro d’Italia, con l’ottavo posto e secondo degli italiani, alle spalle del suo amico Nibali. Quanto è stato duro questo Giro?

«Sicuramente questo Giro è da mettere sul podio di quelli più duri che ho vissuto nella mia carriera. Poi l’ultima settimana per me è stata doppiamente dura perché l’ho iniziata con una caduta, alla prima curva del Mortirolo, quindi è stata un’aggravante sul carico di salite previste dal percorso. Purtroppo nell’occasione il freno non ha reagito come credevo, non appena sono uscito dall’asfalto e la ruota ha toccato il terreno, la bici è andata via. Quindi posso dire che è stato un Giro duro, sia per il percorso sia per come lo abbiamo affrontato, perché anche quelle tappe che sarebbero di riposo per noi uomini di classifica, in realtà sono state velocissime».

Come lo ha affrontato questo Giro rispetto ai tanti infortuni che ha avuto. Ad oggi qual è la sua situazione fisica?

«In seguito alla caduta al Tour del 2020, ho corso il Giro con un’infezione. Dopo quel Giro mi sono state rimosse tutte le placche che avevo in corpo. Ovviamente convivo con una mobilità molto ridotta e con una certa “non attitudine” agli impatti. Quindi anche lo scorso anno al Giro è bastata una caduta sul lato sinistro per tirarmi fuori dai giochi. Quest’anno ho cercato, come si sarà visto in TV, di affrontare la gara limitando i rischi, ma ovviamente si spreca tanto: cercavo di stare dietro quando c’era nervosismo in gruppo, cercando di rimontare nelle fasi salienti della tappa. Questo atteggiamento mi ha fatto evitare tanti rischi, ma mi ha fatto anche sprecare tante energie».

Nibali ha dichiarato che è stata la sua ultima stagione. Molti tifosi sperano che lei non voglia seguire le sue orme.

«In realtà non sto pensando a quale sarà il mio ultimo anno. Non è un’idea che al momento ho considerato. Ovviamente mi sono posto delle condizioni, come prima quella che non mi capitino incidenti importanti. Per il resto la voglia di continuare ancora c’è e anche le risposte del fisico ci sono».

Come vede il futuro del ciclismo italiano, soprattutto nelle corse a tappe. L’Italia ha un grande come Filippo Ganna che domina a cronometro, ma manca un po’ un suo erede o l’erede di Nibali, per i grandi giri.  

«L’ultimo Giro ci dice che abbiamo delle ottime carte da giocare sulla tappa singola, anche in situazioni diverse di volata o tappe miste, però la continuità di fare la classifica ancora non c’è, dietro di me e Nibali, nei giovani italiani manca quella continuità. Speriamo che un corridore come Giulio Ciccone, che da alcuni anni sta cercando di seguire questa strada, ovvero quella di fare classifica. Per quanto riguarda i corridori ancora più giovani, un profilo che può essere promettente dal punto di vista delle corse a tappe è Tiberi».

Intermarché-Wanty-Gobert e il prossimo Tour de France. Lei  non ci sarà, ma cosa ci dobbiamo aspettare?

«Abbiamo una squadra competitiva, con un bel treno per le volate. E poi la nostra è una squadra che non disdegna le fughe e quindi al Tour si potrebbe provare qualche attacco da lontano. E poi abbiamo visto Mendes in grande forma quest’anno e quindi penso che per la classifica ci sia anche lui».

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