X
<
>

L'ospedale di Matera

Share
5 minuti per la lettura

MATERA – Una giornata da incubo al Pronto Soccorso di Matera. Guai a doverci andare anche perché l’unica certezza è una fila di ore che dalla mattina ti fa arrivare fino alla sera. E non solo se sei, come mi è capitato qualche giorno fa, un semplice codice verde ma anche per coloro che arrivano allettati e si trovano a doversi fermare in attesa di essere chiamati per almeno quattro-cinque o sei ore.

Un problema strutturale che emerge soprattutto quando si combinano alcuni fattori che riguardano soprattutto l’arrivo di urgenze che richiedono un controllo immediato. Codici che diventano inevitabilmente priorità. E’ vero come ho sentito spiegare nelle lunghe ore di attesa che è normale attendere e che in altre realtà più grandi come Roma o Milano l’attesa è anche più lunga fin quasi alle 24 ore. Ma di certo non è questa una condizione accettabile perché si presume che chi arriva in pronto soccorso nella stragrande maggioranza dei casi abbia un’urgenza. Una necessità.

Invece ancora una volta si mostra la carenza numerica e innanzitutto di personale della sanità materana che deve fare i conti con situazioni risicate e limitate e districarsi con difficoltà in una giornata da tregenda nella quale le ambulanze soprattutto tra le 14 e le 18 arrivano con una continuità impressionante sfornando pazienti quasi tutti allettati a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro. Molti dei quali urgenti che si aggiungono a quelli che pure si trovano in barella in attesa sin dalla tarda mattinata e che solo in serata tra le 18 e le 20 e non prima cominceranno a essere visitati ed ascoltati.

Una situazione poco dignitosa in una realtà che dovrebbe fare dell’attenzione e del rispetto umano dei pazienti una priorità. In realtà probabilmente neanche un caso isolato o una giornata sfortunata nella quale ci siamo imbattuti per caso.

Quello che abbiamo visto aveva più che altro l’aria di una regola vera e propria che in base poi ad una serie di circostanze variabili poteva essere più o meno gestibile ma certamente una situazione complessa. Come quella che vede decine di pazienti in attesa nel cuore di una giornata e solo due medici in servizio.

L’ingresso ambulanze del pronto soccorso

Le ambulanze, almeno tre, sono arrivate nel corso del pomeriggio in cui erano di turno sempre gli stessi operatori per non meno di tre volte ciascuna portando con sé pazienti spesso di età molto avanzata che soffrivano e non poco anche solo a dover attendere il proprio turno in fila al pronto soccorso. Lamentandosi in maniera evidente, magari dopo essere casualmente caduti ma di fatto costretti a rimanere in attesa per ore. Soffrendo più o meno in silenzio. La bagarre all’accettazione è pressocché totale. E si rincorrono nuovi arrivi con il citofono che suona in continuazione e senza sosta.

“Siamo state costrette a prendere tutte le barelle dall’area grigia, non sapevamo più come fare. Adesso la situazione si è tranquillizzata ma fino a poche ore fa è arrivato l’impossibile” si ascolta dire quasi all’imbocco serale del cambio turno. Quasi a salutare una situazione tornata nell’ambito della pseudo-normalità dopo ore di autentico pienone in cui i pochi operatori disponibili non sapevano nemmeno come dividersi. Non si riusciva a far scorrere ulteriormente la fila, i pazienti in arrivo richiedevano attenzione ed erano emergenze che si aggiungevano alle emergenze.

Basti pensare che arrivato poco prima delle 13 con un paio di barelle davanti a me già in attesa, mi ritrovo verso le 18 che mi dicono che ci sono ancora cinque codici blu prima di poter procedere con un codice verde come il mio che pure è lì in attesa da cinque ore. Poco prima delle venti i codici blu sono diventati sette e io continuo ad attendere un turno che forse non arriverà più. Evidentemente con momenti anche di tensione a cui si assiste inevitabilmente.

Poco prima delle 18 un signore che probabilmente arriva dalla provincia chiede quando verrà il suo turno perché è lì che aspetta dalle 12 meno un quarto. Entrerà dopo una mezzora e circa sei ore di attesa e dopo aver sottolineato con forza la propria indignazione all’incolpevole operatore. Con la moglie che tenta a stento di tranquillizzarlo senza riuscirci. Momenti di ordinaria preoccupazione che non riguarda solo la salute e il motivo per il quale si è in pronto soccorso ma anche lo stress che inevitabilmente produce una lunga attesa.

La colpa? Probabilmente non è dei medici e degli infermieri, certamente non è dei pazienti e dei loro familiari ma evidenzia un sistema malato che non può essere considerato accettabile in quel modo. Che nessuno dica niente, che nessuno alzi la voce per quel caos ordinario a cui si assiste non è normale. Ed anche per questo oggi è necessario mettere in rilievo quello che succede. E che non può e non deve succedere. È contrario al senso stesso di un servizio d’urgenza che riguarda la salute.

Riesco ad uscire dal pronto soccorso intorno alle 22 al termine di circa nove ore di lunga attesa in cui mi dicono sostanzialmente che non ho bisogno di punti. Una benedizione o anche una beffa in base al punto di vista perché probabilmente quello che mi hanno detto alle 22 potevano dirmelo un po’ prima. Se solo ci fosse stato qualcuno che avesse avuto 5 minuti 5 per farlo. Esco con la consapevolezza amara ma concreta che nel pronto soccorso di Matera non bisogna mai finirci. Non solo per l’ovvio motivo che è meglio non aver mai problemi di salute ma anche perché non sai assolutamente in cosa puoi imbatterti.

Ore di attesa, nervosismo, preoccupazione, medici e infermieri rimbalzati da una parte all’altra, stress all’ordine del giorno e condizioni che sembrano lasciar spazio evidentemente anche all’impensabile o all’imponderabile. Insomma meglio non esserci e non trovarsi in quel marasma. L’amara morale della favola è che vien voglia di dire: “la prossima volta se ho bisogno resto a casa” ed è una morale inaccettabile. Non degna di un paese civile. Ma è la sensazione e il sentimento di chiunque si imbatta in nel pronto soccorso di Matera.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE