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POTENZA – «Siamo di fronte a un’ecatombe sanitaria», un’emergenza a tal punto grave che le conseguenze sulla salute pubblica di tutti i lucani sono incalcolabili.

Michele Cataldi, portavoce dell’Unità crisi sanitaria se ne dice convinto e cerca di spiegarlo con i numeri ma, anche quelli, per quanto impressionanti, sono solo una parte di quello che potrà essere il futuro, «perché, nelle strutture sanitarie private accreditate, ci sono 40.000 visite prenotate fino a dicembre e che rischiano di saltare. Ma – spiega Cataldi – quello che ci sforziamo di far capire è che quelle visite spesso servono per prevenire malattie che portano alla morte. Se si fa una diagnosi precoce si salva una vita. In caso contrario le conseguenze possono essere gravissime. Ed è il motivo per il quale noi finora non ce la siamo sentiti di interrompere le prestazioni, ma quanto ancora potremo andare avanti?».

L’ECATOMBE DELLA SANITÀ PRIVATA LUCANA: «SITUAZIONE PARADOSSALE E INCOMPRENSIBILE»

Quello che sta succedendo nel sistema sanitario lucano Cataldi lo definisce «paradossale e incomprensibile». Detto in sintesi: nella regione in cui ormai le liste di attesa sono anche di due anni, i cittadini si stanno rivolgendo sempre più spesso alle strutture accreditate che hanno regolarmente fornito le loro prestazioni fino a quando, all’inizio di agosto, la Regione Basilicata approva due delibere che mandano in tilt l’intero settore. Le delibere fissano il tetto di spesa 2022 per le strutture accreditate prendendo a riferimento quello del 2014.

«E la giustificazione ufficiale – spiega Cataldi – è che si tratta di un atto dovuto perché è stata recepita una sentenza del Consiglio di Stato». In un Paese normale si programma a gennaio quello che dovrà essere il tetto di spesa. In Basilicata («Unica Regione evidentemente ad aver recepito questa sentenza del Consiglio di Stato», dichiara Cataldi) la comunicazione arriva ad agosto.

«Ed è allora – spiega – che molte strutture scoprono di aver già superato il tetto di spesa ma da mesi. Alcune avrebbero dovuto fermare la loro attività ad aprile per rientravi. E i mesi da maggio a luglio chi li paga allora? Ma soprattutto noi strutture private, a questo punto, dovremmo fermarci: e le 40.000 prenotazioni che abbiamo fino a dicembre? Cosa diciamo a un malato oncologico che ha bisogno di una visita urgente? O a un cardiopatico? Che la Regione ha bloccato i tetti di spesa e che quindi li ha condannati?».

L’ECATOMBE DELLA SANITÀ PRIVATA LUCANA: «AZIENDE IN SALUTE RISCHIANO DI ESSERE AMMAZZATE»

E alla crisi sanitaria, tra l’altro, se ne aggiunge un’altra. Perché «aziende in buona salute rischiano di essere ammazzate dalla Regione: noi tutti dovremo immaginare un piano di tagli. Questo significa aggiungere all’attuale panorama di crisi economica e occupazionale della regione un altro centinaio di disoccupati che resteranno senza lavoro incomprensibilmente – afferma Cataldi – Non è neanche la prima volta e tutte le volte abbiamo avuto ragione in Tribunale». Le strutture, annuncia, hanno avviato l’azione legale.

«E sono convinto che avremo ragione. Il punto è che la giustizia ha i suoi tempi e avere ragione quando ormai c’è il morto in casa sarebbe una magra consolazione».
Tutto questo mentre – come dichiarato dagli stessi uffici regionali – sono oltre 220.000 le prestazioni in attesa di essere evase. A causa del Covid negli ultimi anni si sono allungate a dismisura le liste di attesa e le strutture pubbliche non riescono a rimediare direttamente. Per questo c’è stato un esponenziale incremento delle richieste alle strutture private.

«L’impianto della delibera incriminata fa acqua da tutte le parti: nella sentenza del Consiglio di Stato non c’è traccia dei tetti di spesa del 2014. E infatti avevamo invitato la Regione, in autotutela, a ritirare le delibere. Gli uffici hanno sostenuto che motivazioni tecnico-giuridiche non consentivano l’annullamento. Anche questo non è vero».

«Le delibere – prosegue Cataldi – non costituiscono un atto dovuto, ma “voluto” e il loro annullamento dipende anche questo dalla volontà della Giunta regionale. Il parere dello studio legale al quale ci siamo rivolti affronta punto per punto, in modo dettagliato ed equidistante, tutte le debolezze della delibera regionale, mettendo in luce come non si possa in alcun modo addurre come motivazione la sentenza del Consiglio di Stato per la rideterminazione dei tetti di spesa con i criteri ivi adottati».

OLTRE AL DANNO LA BEFFA DEL «RECUPERO DELLE SOMME FUORI TETTO»

E al danno anche la beffa: «Il 16 agosto, attraverso un’interpretazione a dir poco fantasiosa delle delibere della giunta, l’Asp aggiunge la necessità di recuperare eventuali somme fuori tetto. Ovvero vorrebbe i soldi indietro per servizi che l’Asp stessa ha ordinato, di cui i cittadini hanno già usufruito. E nel frattempo l’Asm, nel prendere atto della stessa delibera, comunica alle strutture accreditate che per i suoi effetti non verranno pagate le prestazioni fuori dal nuovo tetto». Come dire: una pietra tombale su aziende che fino a 6 mesi fa erano sane e oggi rischiano il fallimento.

Una situazione che sembrano aver ben recepito i sindaci che, dal Vulture-Melfese al Materano, stanno chiedendo al presidente Viti Bardi l’annullamento delle delibere. Ieri pomeriggio la Prefettura a Matera ha ricevuto una delegazione di cittadini che continuano a firmare una petizione per chiedere l’annullamento della delibera.

«Si ha la sensazione – commenta amaramente Cataldi – che non ci si renda conto del problema. A noi ancora oggi il Cup invia prenotazioni, ma noi abbiamo stabilito una data limite, oltre la quale non potremo più erogare prestazioni. E allora, con le liste d’attesa che ci sono, sarà una rivolta sociale».

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