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UNA delle peculiarità dell’Unione europea è senza dubbio la mobilità dei cittadini tra gli Stati e per facilitare questa libertà nel 1985 è stato creato il cosiddetto “spazio Shengen”.
Gli accordi prendono il nome dalla cittadina lussemburghese nella quale sono stati siglati da un numero ristretto di Stati europei (Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi).
L’obiettivo era creare un territorio privo di frontiere, spianando la strada a un nuovo livello di integrazione europea, favorendo la libera circolazione delle persone.
Ma l’Europa senza frontiere che abbiamo la fortuna di vivere oggi non è stata creata in un’unica soluzione ed è il frutto di un percorso lungo e tortuoso, che prende il via dalla necessità di creare un mercato unico di merci, servizi e capitali e, quindi, di persone.
Le politiche di immigrazione sono state uno degli ostacoli alla creazione di questo spazio libero da frontiere, nel senso che far entrare nel territorio di uno Stato membro un cittadino non europeo vuol dire consentirgli l’accesso a tutta Europa, ma questo problema, molto delicato è ancora in fase di risoluzione.
Non va sottovalutato, però, il grande lavoro fatto negli ultimi trent’anni che ha portato quasi tutti gli Stati europei, e alcuni stati terzi, ad aprire le proprie frontiere per consentire la libera circolazione dei cittadini.
Regno Unito ed Irlanda non hanno aderito alla convenzione di Shengen, mentre Islanda, Svizzera, Norvegia e Liechtenstein ne fanno parte nonostante non siano tra i 28 Stati membri dell’UE.
Di questi, Croazia, Cipro, Bulgaria e Romania non hanno ancora attuato tutti gli accorgimenti tecnici necessari per aderire, per cui entrando in questi territori può capitare di essere sottoposti a controlli doganali ai quali non siamo più abituati.
Per le nuove generazioni può sembrare scontato il fatto di circolare liberamente, ma bisogna ricordare che non è un diritto acquisito e che ci sono voluti anni di trattative per arrivare alla situazione odierna, senza dubbio confortevole.
La rappresentanza in Italia della Commissione europea, proprio per supportare i cittadini che viaggiano tra gli Stati membri, ha pubblicato alcuni “consigli per le vacanze estive” che senza dubbio valgono durante tutto l’anno.
Uno di questi, molto utile, è un’applicazione gratuita che fornisce indicazioni sulla sicurezza stradale nei vari Stati membri e ci evita di incappare in sanzioni, perché non tutte le norme sono uguali.
L’applicazione si chiama “going abroad” e tramite semplici consigli e alcuni giochi divertenti permette di scoprire le principali regole che bisogna rispettare nei vari Paesi. Ma la mobilità non vale solo per le vacanze e ci sono programmi europei che riguardano gli spostamenti di studenti di tutte le età: il programma di apprendimento permanente (Llp), comprende una serie di attività come il Comenius, l’Erasmus e il Leonardo che consentono di trasferirsi temporaneamente in altri Paesi per studiare.
La novità di quest’anno è rappresentata dal programma Erasmus per giovani imprenditori, che permette a giovani seriamente intenzionati a costituire una propria impresa o che abbiano avviato una propria attività negli ultimi tre anni, di andare all’estero e fare un tirocinio retribuito per tre o sei mesi. Gli europe direct diffusi nel territorio sono pronti a fornire tutte le informazioni necessarie. Chiudo la rubrica di questa settimana facendo chiarezza su una notizia apparsa su alcune testate, che annunciava la perdita di 40 miliardi di Fondi dell’Unione a causa della sospensione del partenariato Commissione-Italia. L’accordo è vicino alla firma e non c’è nessun rischio di perdere quei fondi; evidentemente c’è chi si diverte a infangare il lavoro che si svolge a Bruxelles, ma a mio parere l’euroscetticismo è inutile oltre che dannoso.
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