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L’assestamento di bilancio della Regione Basilicata ha portato un’importante novità, attesa da tempo: la previsione di acquistare una quota minoritaria del consorzio di gestione dell’Aeroporto di Salerno. Questo intervento, benchè minimo ed eventuale, è importante per una regione come la nostra, spesso troppo chiusa e concentrata su se stessa. 

Quando mesi addietro assunsi l’impegno di coordinatore scientifico della redazione del Programma Operativo Nazionale “Reti e Mobilità” per il 2014-2020, lo feci anche sperando di poter dare un contributo programmatico alla Basilicata. 

 

Scoprii con rammarico che il nostro territorio aveva poco spazio in quell’ambito, che l’Alta Velocità Napoli-Bari ci tagliava fuori dalle reti ferroviarie più importanti e che logicamente il Piano Nazionale degli Aeroporti non considerava neanche lontanamente la possibilità di ulteriori scali aerei.
In questo quadro, complicato ulteriormente dall’assenza di una chiara strategia nazionale nel settore delle infrastrutture e dei trasporti, è importante esaltare il nostro ruolo di “cerniera” geografica. 

In altre parole, è necessario appoggiarci a Campania e Puglia per potenziare la nostra accessibilità esterna. Riuscire ad entrare nella governance dell’aeroporto di Salerno risponde proprio a questa logica.

E’ un intervento che sostengo da tempo, ben sapendo che la scarsa performance degli ultimi anni è stata dovuta anche a comportamenti truffaldini di presunte compagnie aeree che arraffarono denari dalle famiglie senza fornire il servizio (tra i truffati, a scanso d’equivoci, c’è anche il sottoscritto che caldeggiò l’interrogazione parlamentare dell’amico e collega Sen. Enrico Musso). E’, però, necessario chiarire quali sono le condizioni perché l’intervento lucano per l’aeroporto campano abbia senso. Innanzitutto i volumi di traffico devono essere consistenti ed avere quale origine e destinazione le principali città italiane del Centro-Nord (alla provincia di Potenza soprattutto sono necessari collegamenti con Milano, Torino, Firenze, Verona-Venezia). Perché ciò avvenga è necessario sostenere il piano di ristrutturazione dell’offerta degli aeroporti campani che prevede, nell’attesa (forse vana) di un terzo polo, la ricollocazione di parte dei voli nazionali da Capodichino a Salerno. Se, dunque, lo scalo di Pontecagnano avrà un’offerta competitiva con un bacino d’utenza enorme e se questo processo verrà gestito in partnership con l’ottima Gesac-BAA, allora l’operazione (sino ad ora finanziaria) della Regione Basilicata avrà un’ottima base programmatica.

Bisogna, poi, essere seri su un’altra questione. Nuovi scali aerei tutti lucani, quale quello di Pisticci, che pure infervora i soliti animi capanilistici, non riuscirebbero mai a passare la più elementare analisi costi-benefici (obbligatoria ormai da decenni, in base ai dettami dell’Unione Europea, oltre che dal CIPE) per esiguità di volumi di traffico. E’ solo il caso di ricordare aeroporti falliti in ben altre aree turistiche ed enogastronomiche (che ormai sono i leit motiv per giustificare qualsiasi intervento dalle nostre parti): si pensi a Siena, Perugia, Aosta, Parma, Brescia (ma potrei citarne almeno altri dieci costruiti in altri momenti, ma pensando sempre al miraggio del turismo e dell’enogastronomia). Meglio utilizzare quel denaro per sostenere diversamente quei settori, ammesso che siano tra le priorità programmatiche.
L’occasione di Salerno è unica e forse irripetibile per aumentare l’accessibilità esterna della Basilicata ad un prezzo contenuto (che, realisticamente, non sarà di 20 mila euro), purchè gestita con competenza e valutando attentamente i compagni di viaggio di questa avventura.

marco.percoco@unibocconi.it

@marcopercoco

 

 

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