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POTENZA – Dovranno comparire questa mattina davanti ai giudici del Tribunale del Riesame i legali dei 7 indagati nell’ultimo filone dell’inchiesta Vento del Sud che due settimane fa sono stati colpiti dall’ordinanza del gip Rosa Larocca.
Nei giorni scorsi infatti sono state respinte tutte le istanze di revoca delle misure che erano state depositate in particolare dai legali di chi non si era avvalso della facoltà di non rispondere: gli imprenditori ruotesi Gerardi Priore e Giovanni Sileo, e il rotondellese Vincenzo Battafarano.
Per i primi due, entrambi agli arresti domiciliari, l’accusa è di falso, turbativa d’asta e corruzione in concorso funzionario dell’economato della Regione. Mentre il terzo, sottoposto all’obbligo di firma in caserma a Policoro, deve rispondere soltanto di falso e turbativa d’asta.
Assieme a Priore e Sileo sono finiti ai arresti domiciliari anche l’economo della Regione Dionigi Pastore, e l’imprenditore potentino Leonardo Mecca. In più il gip ha disposto il divieto di dimora nel capoluogo per il funzionario del Comune di Potenza Giuseppe Schifone e l’obbligo di firma per l’imprenditore del capoluogo Vito Zaccagnino.
L’inchiesta condotta dagli agenti della mobile di Potenza coordinati dal pm Francesco Basentini ha preso di mira in particolare le gare gestite da Pastore al provveditorato di via Verrastro, a cominciare da quelle assegnate all’ “amico” Leonardo Mecca.
Secondo gli investigatori sarebbe esistito un vero e proprio cartello di piccoli imprenditori disposti ad accordarsi per pilotare le gare presentando offerte in maniera tale da assicurare ora l’affidamento all’uno ora l’affidamento a un altro, anche a costo di ricompensare gli “sconfitti” con commesse e subappalti.
In tutto gli indagati sarebbero in 13 da sommare ai 19 coinvolti nel primo filone dell’inchiesta e ai 5 del secondo, inclusi i “ricorrenti” Mecca e Zaccagnino.
Tra gli episodi per cui il gip ha respinto le misure cautelari richieste dal pm c’è ne anche uno ambientato nel Comune di Potenza in cui l’ex assessore Luciano De Rosa risulta indagato per corruzione “sessuale”. Infatti in varie occasioni si sarebbe attivato per aiutare Mecca accelerando le liquidazioni di alcuni pagamenti e cercando di fargli ottenere ulteriori commesse in cambio di «una serie di utilità, ivi comprese diverse prestazioni sessuali offerte da giovani donne».
l.amato@luedi.it
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