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IL DERBY tra rabbia e speranza, così come il Premier Renzi ha voluto identificare la sfida elettorale di domenica prossima, ha probabilmente un grande campo di “battaglia”: il Sud. Dall’Abruzzo alla Calabria, passando per Napoli e Bari, toccando Molise e Basilicata, il voto del 25 maggio avrà proprio in questo collegio elettorale un peso ed un valore molto significativo. È proprio a Sud che si concentrano le critiche maggiori sulla classe dirigente, sulla qualità della spesa dei fondi strutturali, e sul senso di appartenenza ad una comunità più vasta, com’è appunto quella europea. Certo, il Mezzogiorno ha bisogno di fare una forte autocritica e di eliminare le zone d’ombra, criminalità e corruzione, che attanagliano la sua storia e il suo futuro. Ma è anche vero che queste elezioni possono determinare un nuovo inizio per questo pezzo d’Italia.

Bisogna dirlo con forza: c’è un Mezzogiorno positivo, che vuol essere protagonista e che prova a giocarsi la sua partita nel mondo. Ci sono storie, persone e realtà territoriali che, se valorizzate, potrebbero far “cambiare verso” anche alla narrazione che del Sud si fa, narrazione che spesso non aiuta queste eccellenze ad emergere.

È anche responsabilità di parte della politica, quella geneticamente disfattista per esigenze di visibilità e di raccolta del consenso, se questo Mezzogiorno oggi vive all’ombra della sua immagine peggiore, che purtroppo c’è ed è dominante.

Serve più luce al Sud.

Si, proprio in quella che è la terra del sole, oggi serve più luce. Queste elezioni saranno determinanti anche per questo, per rafforzare il profilo europeista del Mezzogiorno positivo e per dare la possibilità ai nuovi sindaci e a chi ricoprirà cariche di responsabilità nelle Amministrazioni comunali per la prima volta, di far vincere la speranza e di rispondere alla rabbia con le azioni necessarie.

Ma non solo la politica, anche noi cittadini. Chi può avviare questo percorso di innovazione, se non chi ha vissuto in prima persona l’Europa? Tocca proprio a quella generazione Erasmus, spesso tirata in ballo in queste dure giornate di campagna elettorale, decidere il futuro più immediato e prossimo dell’Italia e dell’Europa. Solo sostenendo chi vuol cambiare questa Europa per migliorarla, si può determinare un’ Europa meno legata alla finanza e più vicina ai cittadini. Per chiudere definitivamente con il populismo inconcludente, con il vuoto pneumatico della propaganda #noeuro e con i professionisti dell’urlo e del “Fate girare!”, scambiato per programma politico.

Far diventare realtà il grande sogno degli Stati Uniti d’Europa è oggi condizione necessaria. Dipende solo ed esclusivamente da noi, proprio a partire dal Sud, dove la crisi si è fatta più acuta e ancora continua a mordere e far male, malissimo. Perchè all’Europa della tecnocrazia e della finanza bisogna rispondere con quella dei popoli, della solidarietà, della crescita, mettendo in campo misure anticicliche, che rompano con l’austerità cieca e permettano di pensare al futuro, dando la necessaria flessibilità al patto di stabilità per gli investimenti su infrastrutture materiali ed immateriali come la Banda Larga.

Chi vuol farlo? Chi sarà davvero in grado?

Perché qui serve azione, serve concretezza, serve non perdere più tempo.

Il futuro ha troppa fretta. Questo è il momento: one shot, one opportunity.

da Huffingtonpost

 

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