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Land Art (o Earth Works): non può che trattarsi di questo. Quel cane a sei zampe impresso come un tatuaggio sulle colline di Vaglio Scalo (vicino Potenza), fotografato da Giovanni Allegretti e pubblicato oggi su Il Quotidiano della Basilicata, rimanda di certo ad un artista, o più artisti, con mano ferma e idee precise. Non un semplice sfregio o la noia di un pomeriggio trasformatasi in un preciso disegno. Poco credibile anche la tesi della volontà del gruppo Eni di farsi pubblicità in tal modo. Troppe coincidenze portano a pensare che chi ha inciso (uno o più persone non si sa) con estrema precisione quella lingua di fuoco e quel cane sia ancora un volta un lucano ricreando quell’alone di leggenda che tuttora gira attorno al logo.
“Come sia nata l’idea del cane a sei zampe, il simbolo dell’Eni disegnato da Luigi Broggini nel 1952, è una storia controversa e avvolta nella leggenda. Racconta il designer Mimmo Castellano in un’intervista allo storico della letteratura Franco Vitelli che una sera stava uscendo dagli uffici dell’Eni con il poeta ingegnere Leonardo Sinisgalli (Montemurro, 1908 – Roma, 1981) quando questi si soffermò davanti al tavolo dell’architetto Ascione su cui c’era un foglio con il disegno di un cane, con la posizione delle zampe posteriori cancellata e corretta, ma non perfettamente: «Leonardo prese la matita e ricalcò tutte e sei le zampe» (Blog La nostra storia /Dino Messina)
Googlando la parola land art ci viene in soccorso Wikipedia da cui si legge che tale “manifestazione” viene classificata come forma d’arte contemporanea esplosa alla fine degli anni 60, in particolare nell’Ovest americano, da un gruppo di “fanatici” della natura. Delusi dal modernismo e desiderosi di mettere in risalto il potere dell’arte, al di fuori degli spazi canonici, intervennero direttamente in spazi incontaminati facendo emergere le dissonanze del luogo.In una terra come la nostra, con più di 120 pozzi petroliferi sparsi su tutto il territorio e richieste di altre perforazioni, malcotento e rabbia sempre più crescente verso l’oro nero, un’azione come quella di tatuare il cane Eni su una vallata ancora vergine porta dritto a pensare ad una vero e propria atto di denuncia e riappropriazione del territorio.
In questo marasma di ipotesi e curiosità l’unica certezza rimane lo strumento di denuncia scelto: l’arte legata alla natura. D’altronde uno dei più grandi artisti legati alla terra è stato anche qui un lucano, tanto da esser identificato come il poeta contadino, Rocco Scotellaro. Viene in mente, a tal proposito, la sua opera autobiografica, “L’uva puttanella”, deove descriveva questo tipo d’uva che si caratterizza per i suoi acini “maturi ma piccoli“, come “non pari agli altri con i quali sono costretti a lottare per la sopravvivenza nel più vasto mondo.” Questi sono gli uomini del Sud, a suo parere. Chissà se il “land artist” in questione lo ha mai letto.
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