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SILVIO Berlusconi parla di Claudio Scajola, dopo l’arresto dell’ex ministro disposto dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria: «E’ in carcere perché ha aiutato un amico latitante in difficoltà come chiesto dalla moglie». E dell’imprenditore e politico reggino latitante al centro dell’inchiesta, dice: «Io non ricordo questo Matacena, forse è stato nel ’94 per un pò un nostro parlamentare. Si sta esagerando: basti pensare che sono delle persone, la metà, che sono messe in carcere ma che alla fine dei processi alla fine sono innocenti. Questo dovrebbe farci pensare quando uno è accusato ingiustamente».
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L’ex premier ha parlato nel corso di un’intervista rilasciata a Tgcom24. Sulla vicenda era intervenuto nell’imminenza dell’arresto, dicendosi «addolorato» per l’amico Scajola (GUARDA).
“UN CASINO SE NON MI CANDIDANO” – Proprio l’ex parlamentare ligure, in realtà, era particolarmente irritato dall’atteggiamento del suo partito, Forza Italia, e dallo scenario che prefigurava la sua mancata candidatura alle elezioni europee. A rivelarlo sono le intercettazioni telefoniche. «Ho bisogno di sapere se mi rispettano altrimenti è guerra aperta», dice nel periodo antecedente alla formazione delle liste in una telefonata alla moglie riportata nell’ordinanza di custodia cautelare. Il brano è riportato nella parte in cui il gip analizza la richiesta fatta dalla Dda reggina di contestare l’aggravante mafiosa agli arrestati. Richiesta respinta dal giudice.
Nella telefonata, del 2 aprile 2014, è scritto nell’ordinanza, Scajola chiama la moglie “e le racconta l’incontro con Confalonieri e Letta con i quali si è lamentato della situazione che si è sviluppata e li ha minacciati che se non si risolve il problema fa scoppiare un casino indimenticabile. Claudio non ha bisogno di persone che lo raccomandano, ha bisogno di sapere se lo rispettano altrimenti è guerra aperta». La telefonata è posta a supporto della convinzione della Dda dell’interesse di Scajola ad ottenere una candidatura alle europee. Un interesse che secondo i pm della Dda reggina sarebbe stato funzionale anche alla scelta di Amedeo Matacena che, secondo l’accusa, per procurarsi «una sorta di continuità» in favore della ‘ndrangheta avrebbe individuato «l’interlocutore politico destinato ad operare su sua indicazione in Scajola».
LA BUFERA SUL RUOLO DELLE SCORTE – A mediare tra Scajola e Matacena era Chiara Rizzo. Ed è bufera sui rapporti tra la moglie di Matacena e l’ex ministro. Oltre agli incontri e alle telefonate tra i due, è finita nel mirino degli inquirenti anche l’uso della scorta. L’ipotesi degli investigatori è che la scorta sia stata usata per accompagnare Chiara Rizzo. Ed è polemica sul ruolo delle scorte, che in Italia sono 551 con costi da 225 milioni annui.
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In una telefonata avvenuta il 15 gennaio del 2014 tra Scajola e la sua segretaria, la Dia annota che «lo Scajola è nuovamente al telefono con Roberta Sacco: nel corso di questa conversazione emerge con maggiore spregiudicatezza l’uso improprio del personale di scorta, tanto che Claudio Scajola si spinge a dare disposizioni che la scorta si rechi in territorio estero senza ‘… gli attrezzi …’; al termine della telefonata, la Sacco informa il politico anche del contatto avuto precedentemente con Michele, un sovrintendente capo della polizia, in servizio presso l’Ispettorato Ps – Palazzo Viminale Sezione Operativa Interna».
«La scorta di Scajola a mia moglie? A me non risulta. Comunque ritengo che se una persona è soggetta ad essere scortato e la scorta viene assegnata attraverso le vie ufficiali, se questa persona decide di fare una gentilezza e di accompagnare una persona in un posto andandoci insieme è una cosa che mi sembra normale». ha detto Amedeo Matacena a Sky.
CHIARA IN PROCURA IN PROVENZA – La signora Matacena, intanto, si trova ancora in Francia. E’ terminato poco prima delle 17, davanti al giudice e al procuratore generale della Corte d’Appello al Parquet Gènèral di Aix-en-Province, l’interrogatorio iniziato alle 15.
Chiara Rizzo, fermata ieri pomeriggio a Nizza dalla polizia francese su richiesta delle autorità italiane, è stata presa in carico dall’autorità giudiziaria francese. Le è stato chiesto se è disponibile a tornare in Italia, ha risposto di sì, ma in Francia, perchè si possa prendere una decisione, deve arrivare la richiesta dell’autorità giudiziaria italiana.
La prossima udienza è stata fissata per mercoledì. Se nel frattempo saranno arrivate le carte dal’Italia, Rizzo, che oggi verrà trasferita nel carcere di Marsiglia, sarà estradata quanto prima. I suoi legali italiani, gli avvocati Carlo Biondi di Genova e Bonaventura Candido di Messina, erano in Tribunale con la figlia di lei, Francesca, ma non hanno partecipato all’udienza per rispettare la prescrizione della magistratura italiana per cui l’indagata potrà incontrare i suoi legali soltanto cinque giorni dopo l’emissione dell’ordinanza.
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