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CATANZARO – Confermata anche in appello l’assoluzione degli “amanti diabolici” di Catanzaro: Luciana Cristallo, per aver agito per legittima difesa, e di Fabrizio Rubini, per non aver commesso il fatto. Lo hanno deciso i giudici della Corte d’Appello di Roma. Se quella fredda sera d’inverno di otto anni fa la catanzarese Luciana Cristallo si armò di coltello e lo infilò più volte nella carne dell’ex marito, Domenico Bruno, lo fece solo per legittima difesa. Così come nessuna colpa è stata attribuita al suo nuovo compagno di vita e di guai giudiziari, il commercalista romano Fabrizio Rubini, per il quale è arrivata una sentenza di assoluzione “per non aver commesso il fatto”. La truce vicenda giudiziaria arriva così al capolinea, dopo l’assoluzione che era stata pronunciata già in primo grado. Le tesi della difesa sono state sostenute dagli avvocati Giansi, Sabatelli e Antonicelli, che, fino all’ultimo, si sono aggrappati alla confessione resa, fra le lacrime, dalla Cristallo, nel momento di essere messa alle strette dagli inquirenti.
«E’ arrivato a casa mia ubriaco, mi ha stretto le mani intorno al collo e le ha strette sempre più forti, quasi a togliermi il fiato. Ad un certo punto sono riuscita a liberarmi e l’ho spinto per terra, quindi con un coltello che, aprendolo, ha emesso uno strano rumore, l’ho colpito, dopo essermi messa a cavalcioni sopra di lui. L’ho colpito al torace, dietro la schiena. Poi… non ricordo più niente, so solo che mi sono fatta aiutare ad avvolgergli la testa con una busta di plastica per non vedere più il suo volto, e mi sono liberata del cadavere per non fare soffrire i miei figli più di quanto avessero già sofferto».
Questa la confessione messa nero su bianco dalla donna davanti al magistrato che, a distanza di un anno dal rinvenimento del cadavere della vittima su una spiaggia di Ostia, aveva chiuso il cerchio sui presunti autori del delitto, indirizzata in tal senso anche dalla corposa relazione depositata dal superconsulente Gioacchino Genchi, che, al termine di un certosino lavoro portato avanti sui tabulati, aveva ricostruito tutti i movimenti della coppia, intercettandone anche diverse conversazioni che la pubblica accusa aveva ritenuto inequivocabili. Il resto lo aveva fatto, comunque, la confessione della Cristallo. 

Sulla decisione della corte il legale di parte civile, Nunzio Raimondi che ha seguito l’intero processo sin dalla fase delle indagini preliminari per la madre di Bruno, Santa Marinaro, e, dopo la morte di questa, venne nominato dalla Terza Corte di Assise di Roma, per diritto di eredità, curatore speciale della minore Susanna Bruno, ha commentato che «in questo momento il mio pensiero va a Santina Marinaro, il cui riposo sarà oramai per sempre tormentato da questa Sentenza. Avevo riposto molta fiducia nell’appello, che credevo fondato, ma la Corte è stata di tutt’altra opinione. Bisogna prenderne atto e rispettare le sentenze, anche quando non sembrano giuste. La oramai prossima maggiore età della minore di cui sono stato Curatore mi impedirà di leggere la sentenza di appello e la richiesta di conferma da parte dell’Ufficio della Procura Generale lascia presagire che non vi sarà ricorso per cassazione. Pertanto questa sentenza è destinata a diventare definitiva. Mi corre l’obbligo di ringraziare tutti i Colleghi che in questi lunghi anni hanno combattuto lealmente contribuendo all’accertamento della verità ma non posso non esprimere amarezza per la posizione assunta dalla Procura Generale la quale, anziché lasciare accesa la lampada della giustizia, ha operato in modo che un controllo di legittimità sull’operato dei giudici di primo e secondo grado non sarà in effetti più possibile».
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