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POTENZA – Ufficialmente, la motivazione è che l’avvocato Luigi Petrone è un buon candidato. I fautori del “no alle primarie” per le amministrative di Potenza – quasi tutto il partito democratico, a eccezione del presidente Pittella, e tra gli alleati (stando a un documento di venerdì sera a firma dei segretari cittadini) di Pu e Cd – continuano a difendere così la propria scelta. Dopo le dichiarazioni sulla stampa, è tornato a farlo ieri con un tweet, Piero Lacorazza. «Petrone é il sindaco giusto per la città; un programma concreto, aperto e partecipato, una buona squadra per una Potenza Migliore», dice il presidente del Consiglio.
Ma a dispetto delle parole rassicuranti che ieri non ha lesinato nemmeno il senatore Margiotta su quella che dovrebbe essere una sintesi unitaria e soprattutto la migliore possibile, i mal di pancia ci sono eccome.
E ieri il segretario del Psi, Livio Valvano, ha esternato tutto il suo malcontento: «Temere gli elettori è un brutto segnale».
Un lungo scontro sul web che lascia intravedere scarsa possibilità di mediazione. Del resto il sindaco di Melfi, mette in discussione l’unità di intenti tra gli stessi democratici (“il Pd non ha detto chiaramente se vuole le primarie e o meno”). Parla di arroganza da parte di alcuni vertici del partito e, replicando a Margiotta, arriva anche a minacciare: «Vedremo questa volta cosa il Pd saprà fare da solo». Insomma, stando così le cose, il Psi sarebbe pronto a correre da solo.
Chiaramente il no alle primarie non piace a Realtà Italia di Roberto Falotico e non trova il favore neppure di Idv, Scelta civica e Verdi.
Le ore del fine settimane saranno decisive per il Partito democratico per cercare di trovare il favore anche di altri alleati. Ma nell’ansia di allargare la coalizione e portare sulle proprie posizioni quante più forze di centrosinistra possibile, il Pd sembra sottovalutare il male peggiore: spinto dalla paura di nuove guerre intestine ed esposizioni a nuove insanabili fratture, rinnega la propria stessa identità fondata su uno statuto che prevede esplicitamente il ricorso alle primarie per la selezione delle candidature. Ne emerge chiaramente il quadro di un partito lucano in preda alla paura di se stesso. Che predica l’apertura e pratica un pericoloso arroccamento. E non solo per le vicende relative al voto nella città di Potenza. Lo stesso copione si ripete nelle dinamiche che stanno caratterizzando il congresso regionale.
Dove, dopo il niet giunto da Roma all’ipotesi di rinvio, s’inseguono espedienti per cercare di evitare un regolamento di conti che in questo momento i più non vogliono. D
el resto, a chi non voleva le primarie per le scorse regionali, gli elettori hanno già dato una risposta, consegnando la vittoria al candidato che ha sfidato la linea unitaria del partito.
E proprio lui, il presidente Pittella, ieri da Maratea ha ribadito quanto già anticipato nei giorni scorsi: «Continuo a sostenere la necessità di un rapporto stretto e costante con l’elettorato e la validità delle primarie, non solo perché ne sono stato un artefice, ma perché credo che siano l’unico strumento possibile per trovare quell’unità di tutte le forze politiche che il comune capoluogo merita. E lo stesso sforzo andrebbe compiuto anche per la segreteria regionale».
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