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POTENZA – L’abuso dei contratti di lavoro interinali all’Arpab, «improntato a criteri clientelari», finirà lo stesso a dibattimento. Incluso quello del factotum dell’ex assessore regionale Erminio Restaino, imputato come “mandante” ma prosciolto «per non aver commesso il fatto». E’ prescritta, invece, l’accusa per il sindaco di Potenza Vito Santarsiero, sulla gestione della discarica comunale di Pallareta.

Dovranno comparire davanti al Tribunale in 16 dei 33 per cui il pm Salvatore Colella aveva chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sulle raccomandazioni all’Agenzia regionale per l’ambiente, l’inquinamento nascosto del termovalorizzatore Fenice e quello dell’impianto di smaltimento dei rifiuti del capoluogo.

Lo ha deciso ieri sera il gup Rosa Larocca accogliendo la richiesta di proscioglimento avanzata dalla stessa Procura nei confronti dell’avvocato Dino Donnoli assieme alle difese di altri 16 imputati, tra i quali alcuni degli ex dirigenti della municipalizzata potentina della monnezza,  e tutti i presunti “beneficiari” delle assunzioni incriminate.

E’ crollata l’accusa di associazione a delinquere che era contestata all’ex direttore generale dell’Arpab Vincenzo Sigillito, il suo collaboratore Claudio Dresda, l’ex coordinatore provinciale dell’agenzia Bruno Bove, l’ex responsabile dell’ufficio acque Ferruccio Frittella e Luigi Montano, il responsabile su Potenza di Tempor, la società di lavoro interinale.

Per il gup «il fatto non sussiste», tantomeno l’ipotesi di concorso esterno che era contestata all’ex consigliere regionale Erminio Restaino, considerato il suggeritore delle «strategie politiche da adottare con la sua mediazione al fine di ricevere i finanziamenti necessari per assicurare la proroga dei contratti di lavoro interinale (…) con il “tornaconto” elettorale in favore di candidati da costui segnalati (ed i cui voti venivano garantiti a Restaino e Sigillito  e richiesti ai beneficiari dei posti di lavoro e ai loro familiari)».

Restaino era accusato di aver favorito una persona in particolare, Mario Gentile «alternativamente impiegato quale autista da Sigillito e dal consigliere regionale Erminio Restaino, intimo amico di Sigillito, sia per esigenze lavorative di entrambi che per contingenze di carattere privato».  Ma per questo, come per altri 3 casi del genere, il gup ha deciso di rinviare a giudizio soltanto Sigillito, Dresda e Montano prosciogliendo i rimanenti «per non aver commesso il fatto».

L’ex direttore generale dovrà rispondere assieme all’ex coordinatore provinciale Bruno Bove anche di falso ideologico per aver attestato nelle denunce presentate alle procure di Potenza e Melfi che prima del  2008 non erano mai emersi superamenti delle soglie di contaminazione nella falda sotto Fenice, mentre una perizia fa risalire l’allarme al 2002.

Per i responsabili della Direzione ambiente della Provincia di Potenza e dell’Ufficio compatibilità ambientale della Regione, Domenico Santoro e Salvatore Lambiase, resta l’accusa di omissione d’atti d’ufficio per non aver imposto lo stop alle attività dell’inceneritore una volta venuti a conoscenza dell’inquinamento fino a quando non fossero stati verificati i dati rilevati e ripristinata la «condizione di normalità» nella gestione dell’impianto.

Quanto ai vertici di Fenice spa il capo d’imputazione per cui è stato disposto il rinvio a giudizio parla di truffa per aver smalito per anni i rifiuti di Melfi e di diversi comuni del potentino a costo pieno, mentre il trattamento avveniva tutt’altro che a regola d’arte danneggiando in particolare all’ambiente circostante. Con il concorso dei vertici dell’Arpab che avrebbero mascherato i risultati delle analisi chimiche. Più «disastro ambientale» per non aver attivato le procedure di emergenza previste una volta scoperta la presenza di «metalli pesanti e soventi organici clorurati anche cancerogeni» nella falda.

Rispetto al terzo filone dell’inchiesta condotta dai militari del Noe e del Reparto operativo dei carabinieri, che riguarda la gestione della discarica comunale di Potenza, il gup ha accolto le richieste dell’accusa solo per l’ex direttore e l’ex presidente dell’Acta Rocco Robilotta e Domenico Iacobuzio, tuttora consigliere provinciale del Pd. Più il dirigente dell’ufficio ambiente del Comune di Potenza Giancarlo Grano. Tutti accusati di aver smaltito in maniera non autorizzata il percolato presente sul fondo della discarica di Pallareta senza denunciarne la presenza.

Non luogo a procere per prescrizione, infine, per il sindaco del capoluogo Vito Santarsiero, appena eletto in Consiglio regionale, e gli altri responsabili di Comune e Acta che hanno permesso lo sversamento di rifiuti nell’impianto di proprietà dell’amministrazione anche in mancanza dell’autorizzazioni prevista, bloccata proprio per questioni ambientali.

La prima udienza del dibattimento davanti ai giudici del collegio del Tribunale è prevista per il 23 giugno.

l.amato@luedi.it

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