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POTENZA – Un fiume di parole ha inondato il dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del presidente della giunta, Pittella, incentrato su 3 parole chiave suggestive, emozionali : Rivoluzione democratica, coesione sociale, cambiamento. Non c’è stato consigliere capace di resistere alla tentazione di inseguire il governatore su questo terreno. Si è ancora una volta ragionato (si fa per dire) sulla realtà virtuale, ricorrendo allo svolgimento in molti casi di “compitini”  sulle cose da fare, inutilmente lunghi, senza supportare le proposte che venivano prospettate con analisi di fattibilità economica, guardandosi bene dall’indicare chi, come ed in quanto tempo fare le cose e senza minimamente andare alle cause ed alle responsabilità  che finora ne hanno impedito la realizzazione. Perché, capiamoci, le confuse e contraddittorie azioni proposte in consiglio regionale non hanno niente di originale, sono decenni che vengono avanzate, ma senza costrutto tale da poter far uscire la regione dal suo sottosviluppo. L’aspetto nuovo va ricercato proprio nelle parole pronunciate che di fatto ne hanno svilito, stravolto il valore. È mancato, cioè, per dirla con Calvino, quello sforzo di esprimere con la massima precisione possibile le cose fa fare – che ovviamente non significa sciorinare elenchi di opere a capocchia – avanti alla complessità dei problemi che per essere irrisolti da decenni evidentemente necessitano di analisi approfondite a 360 gradi sul contesto regionale e sui soggetti che lo caratterizzano, sulla storia dei tanti fallimenti finora conseguiti.

La rivoluzione democratica è in atto da tempo, è parte fondamentale della storia della regione: l’hanno fatta,  e la fanno tuttora,  coloro che vanno via, i tanti giovani che non hanno più tollerato le prevaricazioni  e il parassitismo della politica, le insufficienze della burocrazia e più in generale dei corpi intermedi che impediscono lo sviluppo delle potenzialità delle eccellenze che pure vi sono in Basilicata, piegate per rimanere qui alle logiche dell’appartenenza e della obbedienza ai desiderata del sistema politico – clientelare. I soggetti citati prima mirano certosinamente a creare i “bisognosi” per disporre di uno zoccolo duro su cui contare  e da opporre a possibili domande di cambiamento che possano venire dall’esterno. Coloro che si sono astenuti alle ultime elezioni e sono la maggioranza della popolazione dei votanti non possono fare massa critica, per svariati motivi.

La popolazione che introiettato il demerito e che avanza richieste di pura sopravvivenza  è  purtroppo maggioritaria in Basilicata. E i risultati finora  sono chiari: l’emigrazione o al massimo una mezza rivoluzione come quella del forte astensionismo nelle elezioni regionali,  un Pd  che paradossalmente ha ottenuto il 50 per cento dei seggi in consiglio regionale, i piccoli partiti che confermano i micronotabili. La coesione sociale  presuppone una coesione politica che non c’è. Basti vedere la proliferazioni dei partitini in Consiglio regionale con gruppi consiliari che forzando l’italiano sono composti da un solo consigliere che talvolta non si ricorda nemmeno a quale partitino appartenga attualmente, avendo avuto velocissime entrate ed uscite nella porta girevole della politica.

È di grande attualità, non solo in Basilicata,il giudizio espresso da Berlinguer nella sua famosa intervista a Scalfari sulla “questione morale”, secondo cui “i partiti sono soprattutto macchine di potere (immagino e mi auguro che si riferisse anche al Pci) e di clientela […], gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi[…], hanno occupato lo Stato […], gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, le aziende pubbliche gli ospedali, le università”.

Forse sarebbe il caso di analizzare con onestà le vicende politiche lucane. Per restare agli anni più recenti, la lotta politica è stata circoscritta alla ricerca di occupazione del potere e basta nel Pd, nelle sue primarie, nelle elezioni regionali, all’interno degli altri partiti. I valori sono un opzional e non hanno concreta possibilità di affermarsi, di fronte al sistema di partiti esistente, sono travolti da variegate ipocrisie e menzogne mediatiche che contano sulla disinformazione e sulla rassegnazione del cittadino. 

Non è un caso che la nuova giunta  sia stata blindata a doppia mandata in una organizzazione burocratica, fatta in massima parte di funzionari esterni e interni. Si sta creando un nuovo blocco di potere che potrebbe porsi addirittura al di sopra degli stessi partiti. L’argomento è molto complesso. Mi riservo di dedicargli in seguito lo spazio che merita (…).

P.s. non c’è senso di comunità, non c’è società capace di imporre il cambiamento. 

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