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di LEO AMATO
POTENZA – Passa per il San Carlo l’inchiesta sulla presunta estorsione denunciata dall’avvocato Sergio Lapenna, che per farvi fronte ha ammesso di aver preso in prestito anche 45mila euro dal fondo caritatevole della Diocesi del capoluogo. 
Per il momento si tratterebbe soltanto di un’appendice del filone principale, ma rischia di incrociarsi con altre due indagini sugli interessi di un noto pregiudicato del posto all’interno del maggiore nosocomio lucano. Interessi che sono già finiti sotto la lente dell’antimafia potentina e dei colleghi partenopei, guidati da una vecchia conoscenza lucana come il pm Henry John Woodcock. 
Martedì mattina i carabinieri al comando del capitano Francesco Mandia hanno fatto irruzione nei locali occupati dagli impiegati amministrativi della ditta che gestisce l’appalto per le pulizie e i servizi generali del maggiore nosocomio lucano. 
A quanto si è appreso da fonti sul posto avrebbero chiesto i libri matricola, ma non tanto per appurare la posizione lavorativa dell’ex “amico” denunciato da Lapenna, il trentenne potentino Antonio Guglielmi, quanto di sua moglie e della figlia di Dorino Stefanutti, l’ex pugile in carcere, reo confesso dell’omicidio di Donato Abruzzese lo scorso 27 aprile, e a lungo considerato il braccio destro del boss Renato Martorano.
Se si aggiunge che fino a poco tempo fa lo stesso Lapenna è stato consulente legale della ditta, la Kuadra srl della famiglia napoletana Alemagna, l’intreccio è assicurato. Anche perchè l’appalto in questione vale 28milioni di euro in 5 anni e di fronte a tanti soldi sono infiniti gli appetiti che si possono scatenare. 
Nella sua intervista al Quotidiano, il giorno dopo la pubblicazione della notizia dell’ammanco nelle casse del fondo caritatevole della diocesi, e dell’interrogatorio del vescovo monsignor Agostino Superbo, Lapenna non aveva fatto menzione del San Carlo. 
Piuttosto aveva detto di aver preso in prestito soldi da diversi dei suoi clienti tra cui diversi professionisti e imprenditori di Potenza e non solo. In totale 700mila euro. Per pagare un’estorsione condotta da Gugliemi nei suoi confronti a forza di violenze e minacce, che gli è costata poco meno di un milione di euro complessivi. 
«Ho conosciuto quest’uomo – racconta – durante la campagna elettorale del 2005, quando sono stato entrato in Consiglio regionale. Dico “quest’uomo” perché non ho voglia di farne il nome per rispetto alle indagini che sono ancora in corso. Si è offerto di aiutarmi assieme al fratello, al che gli ho domandato i voti, e nulla più. Poi ci siamo reincontrati dopo le elezioni, e mi ha domandato se era possibile assumere la moglie in Consiglio. Ha iniziato a darmi dei consigli per dimagrire, dato che se ne intende, e a invitarmi a casa sua. Allora mi sono reso conto della situazione di degrado in cui viveva con la moglie e i figli. Nella vita possono dirmi di tutto tranne che mi sono tirato indietro quando si trattava di fare del bene. Tra di noi si era instaurata un’amicizia: seguivo la sua dieta, correvamo assieme e ci vedevamo la mattina per prendere un succo di frutta. Così ho preso a dargli dei soldi ogni tanto, e quando la moglie aveva bisogno di un medico ce la mandavo a nome mio».
Poi dal 2009 la svolta e l’avvio delle violenze condite di allusioni al trascorso “criminale” di Guglielmi (per lo più frequentazioni giovanili sbagliate, ndr) fino a novembre dell’anno scorso, quando è arrivata la decisione di denunciare tutto. 
Nei giorni scorsi anche Gugliemi è stato sentito dagli investigatori con le garanzie previste per gli indagati e ha già fornito la sua versione dei fatti. 
Inoltre, poco dopo la denuncia presentata dal noto avvocato ed ex consigliere regionale, ha già provveduto ha restituirgli 3 appartamenti a lui intestati, ma che in realtà sarebbero appartenuti a Lapenna. 
l.amato@luedi.it

POTENZA – Passa per il San Carlo l’inchiesta sulla presunta estorsione denunciata dall’avvocato Sergio Lapenna, che per farvi fronte ha ammesso di aver preso in prestito anche 45mila euro dal fondo caritatevole della Diocesi del capoluogo. 

 

Per il momento si tratterebbe soltanto di un’appendice del filone principale, ma rischia di incrociarsi con altre due indagini sugli interessi di un noto pregiudicato del posto all’interno del maggiore nosocomio lucano. 

Interessi che sono già finiti sotto la lente dell’antimafia potentina e dei colleghi partenopei, guidati da una vecchia conoscenza lucana come il pm Henry John Woodcock. 

Martedì mattina i carabinieri al comando del capitano Francesco Mandia hanno fatto irruzione nei locali occupati dagli impiegati amministrativi della ditta che gestisce l’appalto per le pulizie e i servizi generali del maggiore nosocomio lucano. 

A quanto si è appreso da fonti sul posto avrebbero chiesto i libri matricola, ma non tanto per appurare la posizione lavorativa dell’ex “amico” denunciato da Lapenna, il trentenne potentino Antonio Guglielmi, quanto di sua moglie e della figlia di Dorino Stefanutti, l’ex pugile in carcere, reo confesso dell’omicidio di Donato Abruzzese lo scorso 27 aprile, e a lungo considerato il braccio destro del boss Renato Martorano.

Se si aggiunge che fino a poco tempo fa lo stesso Lapenna è stato consulente legale della ditta, la Kuadra srl della famiglia napoletana Alemagna, l’intreccio è assicurato. 

Anche perchè l’appalto in questione vale 28milioni di euro in 5 anni e di fronte a tanti soldi sono infiniti gli appetiti che si possono scatenare. Nella sua intervista al Quotidiano, il giorno dopo la pubblicazione della notizia dell’ammanco nelle casse del fondo caritatevole della diocesi, e dell’interrogatorio del vescovo monsignor Agostino Superbo, Lapenna non aveva fatto menzione del San Carlo. 

Piuttosto aveva detto di aver preso in prestito soldi da diversi dei suoi clienti tra cui diversi professionisti e imprenditori di Potenza e non solo. In totale 700mila euro. Per pagare un’estorsione condotta da Gugliemi nei suoi confronti a forza di violenze e minacce, che gli è costata poco meno di un milione di euro complessivi. 

«Ho conosciuto quest’uomo – racconta – durante la campagna elettorale del 2005, quando sono stato entrato in Consiglio regionale. Dico “quest’uomo” perché non ho voglia di farne il nome per rispetto alle indagini che sono ancora in corso. Si è offerto di aiutarmi assieme al fratello, al che gli ho domandato i voti, e nulla più. Poi ci siamo reincontrati dopo le elezioni, e mi ha domandato se era possibile assumere la moglie in Consiglio. Ha iniziato a darmi dei consigli per dimagrire, dato che se ne intende, e a invitarmi a casa sua. Allora mi sono reso conto della situazione di degrado in cui viveva con la moglie e i figli. Nella vita possono dirmi di tutto tranne che mi sono tirato indietro quando si trattava di fare del bene. Tra di noi si era instaurata un’amicizia: seguivo la sua dieta, correvamo assieme e ci vedevamo la mattina per prendere un succo di frutta. Così ho preso a dargli dei soldi ogni tanto, e quando la moglie aveva bisogno di un medico ce la mandavo a nome mio».

Poi dal 2009 la svolta e l’avvio delle violenze condite di allusioni al trascorso “criminale” di Guglielmi (per lo più frequentazioni giovanili sbagliate, ndr) fino a novembre dell’anno scorso, quando è arrivata la decisione di denunciare tutto. 

Nei giorni scorsi anche Gugliemi è stato sentito dagli investigatori con le garanzie previste per gli indagati e ha già fornito la sua versione dei fatti. Inoltre, poco dopo la denuncia presentata dal noto avvocato ed ex consigliere regionale, ha già provveduto ha restituirgli 3 appartamenti a lui intestati, ma che in realtà sarebbero appartenuti a Lapenna. 

l.amato@luedi.it

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