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DIECI anni con la fogna in cantina. Quella di vico Piave non è l’unica situazione di emergenza nella cintura antica dei Sassi, dove una schiera di palazzi risalenti ai primi del Novecento presentano tutti criticità di varia natura.
Un caso eclatante e gravissimo, che passa da anni sotto una fastidiosa indifferenza istituzionale, è quello del signor Giuseppe Scasciamacchia, il quale combatte dal 2003 con una cronica infiltrazione di liquami in quella che per quarant’anni è stata la sua cantina, dove faceva il vino e conservava i suoi viveri.
Oggi è un’autentica latrina di 80 metri quadri, completamente inutilizzabile e in condizioni igienico-sanitarie ben oltre il limite della tollerabilità, a meno che non ci vivano maiali. La nostra descrizione è brutale, perchè ricalca l’assurdo della vicenda, ricostruita dal pensionato ormai ai limiti della sopportazione.
«Conviviamo con l’odore acre dei liquami, che affiora dalla porta interna della cantina -ci spiega- e con le vistose macchie di umido che si sono già manifestate sui muri perimetrali dell’abitazione nella parte soprastante la fuoriuscita di liquido fognario. C’è uno zampillo continuo, insomma, culminato nel luglio scorso con il crollo dell’intercapedine in mattoni forati e l’inondazione dell’intera cantina, tra feci e melma non ben identificata. Quel liquido è stato analizzato dai periti nominati da Scasciamacchia, i quali hanno certificato senza ombra di dubbio: è fogna. Ma da dove parte tutto questo scempio a non più di 150 metri dal luogo del disastro di via Piave?
«E’ colpa di un guasto nella condotta principale della fogna che scorre sotto via Santo Stefano 32, dov’è casa mia -spiega Scasciamacchia al Quotidiano- da lì è partita l’infiltrazione che ha raggiunto la mia cantina, riempiendo per anni l’intercapedine di un muro, con manifestazioni inizialmente solo superficiali di cattivo odore e umidità.
Evidentemente per anni la fogna è rimasta lì, tra i due muri, fino al luglio scorso quando un probabile carico eccessivo (in corrispondenza del civico 32 la strada è in pendenza ndr), il muro, già carico di liquame, ha improvvisamente ceduto, riversando tutto il contenuto fetido nella cantina».
Scasciamacchia ha chiesto l’immediato intervento dei Vigili de fuoco, che a luglio 2013 hanno certificato il grave danno nella sua cantina; poi 20 agosto, un altro sopralluogo che riferisce nuovamente la situazione d’emergenza.
«Negli anni passati -spiega ancora il pensionato- ho più volte interessato il Comune, sono stati fatti sopralluoghi congiunti anche con Acquedotto lucano, che dovrebbe ripristinare la situazione, come stabilisce una sentenza del giudice risalente a maggio scorso, che non ha avuto finora alcun riscontro concreto, in quanto da AL hanno fatto sapere di aver proposto appello e di voler attendere i tempi del tribunale prima di intervenire.
Nel frattempo, quindi, io non posso fare nulla, in quanto non mi è consentito intervenire sulla condotta danneggiata, pur avendo ricevuto per sentenza un risarcimento di 15mila euro (più pagamento delle spese legali), che oggi comunque non basterebbero neppure a bonificare la cantina e ricostruire il muro crollato».
Una situazione assurda, per cui due persone anziane sono costrette a vivere su di una fogna a cielo aperto, da mesi in evidente emergenza sanitaria e senza prospettive immediate di venirne fuori.
Una sistuazione gravissima, che Scasciamacchia ha voluto denunciare pubblicamente proprio dopo aver visto la tragedia di vico Piave: «Certo -spiega- perchè anche in casa mia ci sono delle lesioni sul pavimento, in corrispondenza della cantina allagata e noi da sabato scorso non siamo più tranquilli». L’Ufficio tecnico del Comune dovrebbe mobilitarsi immediatamente per un monitoraggio su tutta la cintura antica dei Sassi, dando ovviamente priorità a situazioni di emergenza come quella del signor Scasciamacchia, che non può assolutamente attendere i tempi della giustizia per togliere la fogna dalla sua cantina.
Una vicenda oggettivamente inaccettabile nel 2014, per una città di sessantamila abitanti.
a.corrado@luedi.it
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