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MATERA – Secondo quello che avrebbe stabilito qualche mese fa il Ctu (Consulente tecnico d’ufficio) si tratta di “res nullius” (cosa di nessuno). PIazza Mulino, gioiello dell’architettura urbana firmata da Carlo Aymonino, Raffaele Panella e Piergiorgio Corazza, giuridicamente non ha proprietà, non è di nessuno.
Quello che sembra uno degli innumerevoli paradossi italiani, in realtà rappresenta un ginepraio giuridico amministrativo perchè non riconosce ad alcun soggetto la proprietà, e dunque la responsabilità, di quell’area che ogni giorno viene percorsa da centinaia di persone.
Il degrado che col passare del tempo si sta impadronendo della piazza, rischia di trasformarla in una vergogna sotto gli occhi di tutti e in un luogo che presenta fin troppe insidie.
Le foto che pubblichiamo in questa pagina sono eloquenti: gradini rotti, rifiuti pericolosi tra cui vetri rotti in buche create dall’incuria e dal degrado, l’area che era nata come fontana oggi utilizzata solo per abbandonare cartelli stradali divelti, mattoni sconnessi.
Per alcuni versi la fisionomia dell’area porterebbe a considerarla come privata ad uso pubblico e per questo a creare i presupposti affinchè l’amministrazione comunale (che talvolta ha svolto la pulizia dell’area e che ha installato i fari che la illuminano, ndr.) possa prendersene carico in futuro. Sembra, infatti, che in questo senso, si sia in una fase interlocutoria.
Pare che della piazza, all’epoca della consegna dell’opera da parte dell’impresa, non ci fossero tracce negli atti.
Un passaggio, questo, che potrebbe aver creato il nucleo iniziale di un “pasticcio” giunto oggi alla sua fase più difficile.
Piazza Mulino, negli ultimi anni, ha spesso fatto rima con degrado.
Nell’aprile 2009, infatti, gli abitanti, riuniti nell’associazione “Galleria del Mulino” ottennero l’autorizzazione dal consiglio comunale per chiudere con cancelli, dalle 22 alle 7, il passaggio fra la piazza e via Passarelli e l’area sottostante. Il consigliere Eustachio Tataranni nel corso dell’assemblea comunale spiegò che il provvedimento era necessario «Alla luce della delicata situazione in cui versano da tempo residenti e commerciantidella piazza, ormai esasperati dai problemi derivanti dalla sosta di giovani, dagli atti vandalici, dalle aggressioni e dai bivacchi con abuso di alcool e supefacenti.
Ad oggi, la chiusura ha ridotto i problemi, ma non li ha eliminati come dimostra la situazione attualmente sotto gli occhi di tutti.
Non può essere un vuoto giuridico amministrativo a decretare la fine di un’esperienza significativa anche sotto il profilo architettonico per le firme che ne hanno progettato la realizzazione.
Giova, per questo, ricordare la concezione di piazza secondo Carlo Aymonino che è luogo della città per eccellenza, elemento di raccordo tra l’architettura e la città costruita in cui ogni nuovo intervento progettuale instaura una relazione con ciò che si conserva ancora della città storica.
a.ciervo@luedi.it
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