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SCRIVERE per cercare di raccontare dei territori, degli uomini che lo popolano, delle tradizioni, del cibo e della cucina. Il cibo e la cucina sono l’humus che rende immortale il passaggio dell’uomo nei territori, alimenta la fiammella della tradizione, diventa memoria storica dei passaggi generazionali e ferma la propria identità! Raccontare della Basilicata quindi non e’ difficile, unica Regione arcaica d’Italia che ancora non e’ riuscita a scoprire la sua vocazione, quella dell’accoglienza e della conservazione per divenire l’unica Regione futuro della memoria.
Cosa chiedere alla Basilicata? Quello che di solito si chiede ad un buon cuoco, di essere eccellente. Un cuoco deve essere bravo a compilare il menu, bravo a proporre piatti buoni, puliti, giusti perché da quello che riesce a proporre gli servirà per trarne profitto. Perché il bravo chef si rivolge a un pubblico pagante quindi deve essere bravo a coniugare la passione con i conti, per fare in modo che si ritrovi il cassetto di soldi.
Soldi per poter interpretare al meglio i sogni. Deve essere bravo ad attrarre attenzione verso i suoi piatti e ingolosire l’avventore sconosciuto che vuole provarli ma che non sa se ne vale la pena. Il bravo cuoco deve essere attento a seguire l’evoluzione del gusto, ma non allontanarsi dalla sua tradizione, bravo a capire le stagioni e a carpirne le produzioni, bravo a circondarsi di gente in cucina che esaltino il suo lavoro e non lo mortifichino, bravo a riconoscere i propri errori e a porvi rimedio.
Oggi lo chef contemporaneo e’ chiamato a svolgere il suo ruolo in modo intelligente, deve essere in grado nel coniugare sapori, costi, gusti e piacere senza alterare il buonumore anche fisico del cliente, perché in questo tempo più che mai, deve essere chiaro che il cliente non va al ristorante per abbuffarsi ma per stare bene, un pasto non termina con l’ultima pietanza, ma con la digestione.
Una pietanza non deve essere solo buona, a volte persino ottima, ma deve tener conto della sempre più pressante richiesta di salute da parte delle persone.
La cucina deve essere un laboratorio di intelligenze, dove nuove capacità devono reinterpretare e salvaguardare memorie e sapori. La capacità di innovare per alleggerire grassi, evitando presenze spesso inutili, togliendo più che inserendo spezie e aromi pesanti, indigeribili, per esaltare sempre di più materie prime, profumi, aromi naturali. L’ospite deve alzarsi contento di avere pranzato o cenato sentendo gli odori oramai ricordo di tempi passati, dove apprezza le combinazioni organolettiche inalterate, le consistenze dei prodotti in modo naturale, cosi da sentirsi felicemente sazio e appagato e non pesante ed annoiato. Deve ricordarsi del pranzo per le sue qualità, non perché pesante e poco digeribile. La tradizione si veste con un abito nuovo, dove dentro al vestito il corpo e’ sempre uguale ma l’estetica e la sua bellezza ne esaltano la diversità.
Così è oggi la buona tavola, cosi deve essere la nostra Basilicata. Al cuoco bravo oggi si chiede una cucina salutistica che si unisca al piacere edonistico del mangiar bene. Come in una sorta di scambio culturale oggi il medico dietologo conosce l’importanza del piacere e dei saporiquindi sa, dopo aver eccesso nel bere e nel mangiare, che non bisogna mettere il paziente in penitenza per farlo star meglio.
Anche il ristoratore deve capire e comprendere che non può riempire di pietanze grasse un commensale, cosi come gli eccessi delle portate sono dettate dall’ignoranza dell’alimentazione attuale dove il mangiare “assai” diventa uno status del ristorante.
Come un medico lo chef, il cuoco deve stare attento alla composizione degli alimenti, preferendo l’alimento naturale al cibo industriale composto di glutammati e d esaltatori di sapidità che rendono il piatto pesante e indigesto. Soli cosi si assolve la richiesta di benessere, diventando noi stessi trasmettitori di armonia, coniugazione tra piacere e natura, messaggio che diventa sempre più importante nel rapporto tra la salute e il piacere della gola.
Dopo le carestie, le guerre l’uomo ha sempre riempito la pancia all’inverosimile, come ad appagare una sorta di fame atavica, oggi nella società del benessere, basta guardare quanto rifiuti produciamo, non cerchiamo in un piatto abbondanza ma bontà, piacere, sostanza. Oggi più che mai badiamo ad evitare gli estremi, gli eccessi.
Cosi come rifiutiamo un piatto stracolmo di ingredienti senza una logica di gusto, preparato solo per sfamare evitando qualsiasi legame alla qualità perché tutto è giocato sulla quantità, rifiutiamo anche il piatto bello a vedersi ma insipido, minimalista e vuoto! Ecco che la dicotomia (La dicotomia è la divisione di un concetto in due categorie distinte e opposte.) Cucina/ Basilicata diventa osmotica (l’osmosi è un processo fisico spontaneo, vale a dire senza apporto esterno di energia, che tende a diluire la soluzione più concentrata, e a ridurre la differenza di concentrazione.)
Sapere innovarsi senza cadere nelle trappole del consumismo, saper conservare per essere riferimento di memoria e di saperi, saper trasformare senza cancellare le tradizioni, saper vendere senza riempire, saper proporre cultura per non essere vuoti e privi di significato. Tutto questo significa pensare con intelligenza e mai come in un periodo di profonda crisi economica, serve essere intelligenti.
Essere intelligente non significa avere grosse capacita manageriali, ma fiuto nel cogliere l’attimo, (Orazio docet!) per introdurre ad un nuovo stile di vita, ad un nuovo percorso rigenerativo di tipo cosmico. La Basilicata come una grande cucina, come il bravo cuoco che si inventa dei piatti che aiutino a far quadrare i conti, magari anche con qualche proposta un po’ ruffiana, che piace a tutti. Per ricordare che i turisti come i clienti, i visitatori come gli avventori, gli indigeni come gli ospiti, non sono dei contenitori da riempire o dei polli da spennare. La salute e il piacere nascono a tavola e camminano a braccetto.Tutto il resto viene dopo.
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