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Una domenica notte
tutta da gustare di FRANCESCO ALTAVISTA EH bravo Giuseppe Marco Albano! Finalmente un film girato, ideato e prodotto in Basilicata che non sia il dozzinale ammirare una terra polverosa e maledetta. E sì, “ Una domenica notte” è bello anche perché della Basilicata non si parla, la terra lucana in qualche modo c’è ma non si vede. L’unico riferimento evidente e netto che si tratta proprio della Lucania, lo fornisce la prima pagina del Quotidiano della Basilicata, in primo piano, mentre il protagonista, seduto ai tavolini davanti ad un bar, legge del successo del giovane regista figlio del sindaco. L’impresa titanica dei produttori coraggiosi Angelo Viggiano e Paolo Mariano Leone di realizzare un film totalmente indipendente anche nella distribuzione, aldilà dei gusti è l’esempio di una cosa ben fatta, di un film vero. E’ una commedia che si beve come un the esacerbato dal troppo limone, ma che comunque scende in gola liscio e senza intoppi a lunghi sorsi. La colonna sonora di Populous, giovane salentino e in parte di Brunori sas, cantautore calabrese che con un suo pezzo dà il nome al film sono eccezionali. La regia appassiona, sa dove essere presente agli occhi di chi assiste e dove invece nascondersi dietro le terribili consapevolezze dei personaggi: alcuni movimenti di macchina sono unici e per palati fini. E poi in un cast d’eccezione che vede tra le fila anche il grandissimo Ernesto Mahieux nella parte del ricco e vizioso conte Paolicelli, c’è una splendida Claudia Zanella nella parte di Maria l’ex moglie del protagonista: solo il primo piano del suo viso etereo e dei suoi occhi luminosi come il riflesso della luna piena tra le onde del Mediterraneo in una sera d’estate, vale almeno cento volte il costo del biglietto. La recitazione della Zanella affascina terribilmente da subito senza nemmeno vedere il suo sorriso commovente e sconfinato, quasi teatrale rappresenta un film a sé, di fatti è lei che darà nel dialogo finale con l’ex marito Antonio Colucci, protagonista della pellicola interpretato da Antonio Andrisani, una lettura devastante alla storia: un regista simbolo dei sognatori che sono gli unici a restare fermi mentre intorno il mondo cambia. Come se i sognatori come Antonio, ormai ultraquarantenne, regista fallito che vuole fare un film horror e intanto lavora per piccoli e mediocri spot per attività commerciali di una provincia sperduta, fosse l’unico a non accorgersi della sua maledizione nel vivere ad una velocità totalmente diversa dal mondo che lo circonda. Per gli intenditori o i pignoli forse l’unico difetto, ma è anche una interessante scelta nella sceneggiatura, può essere il fatto che il protagonista praticamente è sempre presente e troppe scene sono girate all’interno, ma nemmeno questo stanca più di tanto grazie alla straordinaria capacità di Antonio Andrisani di passare da fasi quasi grottesche a parti drammatiche, solo con un movimento d’occhi e di sguardi. L’attore materano – che è anche l’ideatore del soggetto e di parte della sceneggiatura- in qualche modo si carica la pellicola sulle spalle e riesce a portarla a termine con ottimi risultati. Il sogno cinematografico di Antonio Colucci incontra nel suo percorso della ricerca fondi per il suo film diverse storie che vagano come anime in pena: un matrimonio fallito con tanto di figlio trattato come un pacco postale, c’è un nuovo rapporto amoroso forse falso e comunque non appassionato del protagonista con la sorella dell’ex moglie, con Francesca interpretata dalla brava e bella Francesca Faiella che praticamente si rattrista per la scomparsa della propria gatta ma quasi come in una storia pirandelliana ha un rapporto con la sorella ridotto a brandelli tra gelosie ed invidie. Non si salva nemmeno l’amicizia del protagonista sia con Giovanni (Alfio Sorbello) ridotto alla disperazione per non poter pagare l’affitto e consapevole della disgregazione del sogno di girare un film; sia con Augusto ( Adolfo Margiotta) separato e pronto a pagare l’amico, nella sua strana follia, per far uccidere la moglie. Il tutto trattato nella maniera di una commedia amara. Antonio non accetta i compromessi per realizzare il suo film, litiga perfino con un bambino perché anche nelle cose piccole, le uniche che riesce a fare, non vuole essere mediocre. Non accetta di tradire la sorella Carla interpretata da Anna Ferruzzo a favore del fedifrago e ricco cognato Vito (Pascal Zullino). In mezzo a queste storie, in una regia che così diventa ancora di più unica ed originale, alcuni provini che intuitivamente dal pubblico vengono attribuiti ad Antonio che cerca il cast per il suo film horror (alla fine non si capisce se riuscirà davvero a realizzarlo) con strani e divertentissimi personaggi quasi spiriti, una scelta che rompe la linea temporale e che fa nascere interessanti discussioni nella cena post-proiezione. Il film parte proprio con uno di questi strani casting, sulla scena c’è uno strano e grottesco personaggio, ai cittadini di Brienza si stringerà il cuore, quella strana maschera divertente è una sorta di simbolo della città situata nella valle del Melandro dove parte della pellicola è stata girata, purtroppo scomparso per malattia qualche mese fa, non si può che essere contenti che Raffaele per gli amici “u’ libanese” in tutta la sua simpatica essenza di cantastorie stralunato apra un ottimo film che merita davvero di essere apprezzato. Il positivo accoglimento alle prime affollatissime di Potenza e di Matera è sicuramente un buon inizio. E nel film anche un piccolo omaggio al Quotidiano 

EH bravo Giuseppe Marco Albano! Finalmente un film girato, ideato e prodotto in Basilicata che non sia il dozzinale ammirare una terra polverosa e maledetta. E sì, “ Una domenica notte” è bello anche perché della Basilicata non si parla, la terra lucana in qualche modo c’è ma non si vede. L’unico riferimento evidente e netto che si tratta proprio della Lucania, lo fornisce la prima pagina del Quotidiano della Basilicata, in primo piano, mentre il protagonista, seduto ai tavolini davanti ad un bar, legge del successo del giovane regista figlio del sindaco. L’impresa titanica dei produttori coraggiosi Angelo Viggiano e Paolo Mariano Leone di realizzare un film totalmente indipendente anche nella distribuzione, aldilà dei gusti è l’esempio di una cosa ben fatta, di un film vero. E’ una commedia che si beve come un the esacerbato dal troppo limone, ma che comunque scende in gola liscio e senza intoppi a lunghi sorsi. La colonna sonora di Populous, giovane salentino e in parte di Brunori sas, cantautore calabrese che con un suo pezzo dà il nome al film sono eccezionali. La regia appassiona, sa dove essere presente agli occhi di chi assiste e dove invece nascondersi dietro le terribili consapevolezze dei personaggi: alcuni movimenti di macchina sono unici e per palati fini. E poi in un cast d’eccezione che vede tra le fila anche il grandissimo Ernesto Mahieux nella parte del ricco e vizioso conte Paolicelli, c’è una splendida Claudia Zanella nella parte di Maria l’ex moglie del protagonista: solo il primo piano del suo viso etereo e dei suoi occhi luminosi come il riflesso della luna piena tra le onde del Mediterraneo in una sera d’estate, vale almeno cento volte il costo del biglietto. La recitazione della Zanella affascina terribilmente da subito senza nemmeno vedere il suo sorriso commovente e sconfinato, quasi teatrale rappresenta un film a sé, di fatti è lei che darà nel dialogo finale con l’ex marito Antonio Colucci, protagonista della pellicola interpretato da Antonio Andrisani, una lettura devastante alla storia: un regista simbolo dei sognatori che sono gli unici a restare fermi mentre intorno il mondo cambia. Come se i sognatori come Antonio, ormai ultraquarantenne, regista fallito che vuole fare un film horror e intanto lavora per piccoli e mediocri spot per attività commerciali di una provincia sperduta, fosse l’unico a non accorgersi della sua maledizione nel vivere ad una velocità totalmente diversa dal mondo che lo circonda. Per gli intenditori o i pignoli forse l’unico difetto, ma è anche una interessante scelta nella sceneggiatura, può essere il fatto che il protagonista praticamente è sempre presente e troppe scene sono girate all’interno, ma nemmeno questo stanca più di tanto grazie alla straordinaria capacità di Antonio Andrisani di passare da fasi quasi grottesche a parti drammatiche, solo con un movimento d’occhi e di sguardi. L’attore materano – che è anche l’ideatore del soggetto e di parte della sceneggiatura- in qualche modo si carica la pellicola sulle spalle e riesce a portarla a termine con ottimi risultati. Il sogno cinematografico di Antonio Colucci incontra nel suo percorso della ricerca fondi per il suo film diverse storie che vagano come anime in pena: un matrimonio fallito con tanto di figlio trattato come un pacco postale, c’è un nuovo rapporto amoroso forse falso e comunque non appassionato del protagonista con la sorella dell’ex moglie, con Francesca interpretata dalla brava e bella Francesca Faiella che praticamente si rattrista per la scomparsa della propria gatta ma quasi come in una storia pirandelliana ha un rapporto con la sorella ridotto a brandelli tra gelosie ed invidie. Non si salva nemmeno l’amicizia del protagonista sia con Giovanni (Alfio Sorbello) ridotto alla disperazione per non poter pagare l’affitto e consapevole della disgregazione del sogno di girare un film; sia con Augusto ( Adolfo Margiotta) separato e pronto a pagare l’amico, nella sua strana follia, per far uccidere la moglie. Il tutto trattato nella maniera di una commedia amara. Antonio non accetta i compromessi per realizzare il suo film, litiga perfino con un bambino perché anche nelle cose piccole, le uniche che riesce a fare, non vuole essere mediocre. Non accetta di tradire la sorella Carla interpretata da Anna Ferruzzo a favore del fedifrago e ricco cognato Vito (Pascal Zullino). In mezzo a queste storie, in una regia che così diventa ancora di più unica ed originale, alcuni provini che intuitivamente dal pubblico vengono attribuiti ad Antonio che cerca il cast per il suo film horror (alla fine non si capisce se riuscirà davvero a realizzarlo) con strani e divertentissimi personaggi quasi spiriti, una scelta che rompe la linea temporale e che fa nascere interessanti discussioni nella cena post-proiezione. Il film parte proprio con uno di questi strani casting, sulla scena c’è uno strano e grottesco personaggio, ai cittadini di Brienza si stringerà il cuore, quella strana maschera divertente è una sorta di simbolo della città situata nella valle del Melandro dove parte della pellicola è stata girata, purtroppo scomparso per malattia qualche mese fa, non si può che essere contenti che Raffaele per gli amici “u’ libanese” in tutta la sua simpatica essenza di cantastorie stralunato apra un ottimo film che merita davvero di essere apprezzato. Il positivo accoglimento alle prime affollatissime di Potenza e di Matera è sicuramente un buon inizio.

Nelle sale 
Già in visione: 
Cinema Comunale – MATERA (ore 18-20-21.45) 
Multisala Ranieri-TITO (ore 19.30-21.30) 
Columbia- FRANCAVILLA (ore 19.30-21.30) 
Della Valle- FERRANDINA (ore 19.30-21.30) 
dal 27 gennaio Teatro tenda – BERNALDA(ore 21) 
dal 2 febbraio Cinema teatro Periz- BELLA (ore 19- 21) 
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