SIBARI (Cs) – Qualche Dio degli inferi deve essersi seriamente arrabbiato per l’indifferenza con la quale i calabresi trattano le loro ricchezze e sta sfogando tutta la sua rabbia sulla piana di Sibari. Continua a piovere sulla piscina che solo sei giorni fa erano gli scavi della più importante colonia della Magna Grecia. Le idrovore e i volontari che le utilizzano sembrano Davide che sfida Golia. I macchinari sbuffano e pompano acqua, ma questa continua ad arrivare copiosa. Dal cielo, ma anche dal sottosuolo. Il fenomeno tecnicamente si chiama “subsidenza”, in soldoni è la piana della Sibaritide che rischia di diventare una nuova Atlantide. L’Enea ha calcolato che questa terra sta scivolando verso il basso, cioè sotto il livello del mare, di quasi 3 millimetri l’anno. Insomma la situazione degli scavi di Sibari è a dir poco allarmante.
Allora è giusto chiedersi come sia nata, come sia stato possibile che il Crati abbia esondato nell’indifferenza generale. E’ giusto chiedersi come sia possibile che sugli argini del fiume, in piena zona demaniale, nascano dei rigogliosi agrumeti. Domande che all’apparenza possono sembrare semplici ma diventano quasi un enigma a queste latitudini dove la burocrazia spezzetta in mille rivoli le competenze, in modo da diluire in maniera quasi impalpabile le responsabilità.
Per capire di cosa stiamo parlando, partiamo dal fiume Crati. In linea teorica la competenza sui fiumi è della Provincia. Questo ha pensato il sindaco di Cassano allo Jonio, Gianni Papasso. Ma ha subito scoperto che in realtà la Calabria è davvero una regione a sovranità limitata. Siamo commissariati in molti settori strategici. Non solo la sanità, non solo i rifiuti, ma anche sul dissesto idrogeologico. Esiste difatti un ufficio del “Commissario Straordinario Delegato per l’attuazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico nella Regione Calabria”. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21.01.2011 è stato nominato Commissario Straordinario Delegato per l’attuazione degli interventi, Domenico Percolla.
Questi ha immediatamente assicurato che i fondi per mettere in sicurezza il fiume Crati c’erano eccome. Sul piatto erano belli pronti circa quattro milioni di euro. Ma c’era un piccolo problema: la Provincia, che non aveva avviato la progettazione degli interventi.
Il sindaco, allora, ha immediatamente contattato l’assessore provinciale Arturo Riccetti che ha la competenza sulla difesa del suolo, il quale ha immediatamente avviato i primi studi per capire i punti nevralgici dove intervenire. Ma neanche questa volta il Crati ha ricevuto giustizia, perchè qualche tempo dopo pare che il commissario abbia avocato a sé anche la fase della progettazione.
Il risultato finale è che i tempi si sono allungati a dismisura e sul fiume non si è presentato nessuno. A quel punto il sindaco, mica si è arreso. Il 10 dicembre scorso ha preso carta e penna ed ha scritto al settore Difesa del suolo e Protezione civile della Provincia di Cosenza. L’oggetto della missiva non lascia adito a dubbi di sorta: richiesta sopralluogo per lo stato di pericolo e di rischio idrogeologico che interessa i terreni prossimi al corso dei fiumi Eiano e Crati.
«Nello specifico – scriveva tra l’altro il primo cittadino di Cassano allo Jonio – mi preoccupa moltissimo il rischio esondazione del Crati, segnalato dai cittadini che vivono in contrada Lattughelle, per cui si rende necessario un intervento sugli argini del fiume».
La lettera in realtà un qualche effetto lo ha prodotto. Il 10 gennaio, a distanza di un mese, sono arrivati sul posto alcuni tecnici della Provincia che hanno effettuato il sopralluogo. La cosa sconcertante è l’esito della ricognizione. I tecnici, infatti, hanno scritto che le condizioni del Crati non destavano particolari preoccupazioni. Ma siccome siamo nel Paese della burocrazia, in cui una frase può esentarti da ogni responsabilità aggiungevano, en passant, che comunque si sarebbero attivati con la Regione Calabria per chiedere i fondi necessari tramite ordinanza della Protezione Civile. Cosa sia successo in seguito è un mistero. Non si sono visti nè soldi, nè interventi di messa in sicurezza degli argini e il Crati è esondato.
Lo ha fatto anche per la presenza di agrumeti lungo gli argini del fiume che hanno di fatto agevolato l’esondazione. Ma come si fa a piantare alberi in zone demaniali?
Sbaglia chi pensa che questo fenomeno risalga nel tempo. Arrivando nella zona archeologica di Sibari c’è un agrumeto che fa bella mostra di sé, proprio sulla foce del Crati, in un’area più che protetta. E’ carino l’agrumeto, tutto bello recintato, con un ampio cancello che fornisce un comodo accesso al campo. I contadini della zona dicono che è stato piantato non venti o dieci anni fa, ma all’incirca due.
Questa storia degli agrumeti abusivi o presunti tali, come dice il sindaco di Cassano, non è nuova. Circa quattro anni fa, in seguito all’esondazione che colpì la zona di Lattughelle, vennero aperte delle indagini da parte delle autorità competenti per capire se vi fossero degli abusi. Ma le indagini, a quanto ci è dato sapere, non portarono a nessun risultato. «Il problema è che molti terreni potrebbero essere privati – dice Papasso – nel tempo sono state concesse magari autorizzazioni, anche se non si poteva».
Per questo il sindaco ha ordinato alla Polizia Municipale di Cassano allo Jonio di effettuare verifiche minuziose su ogni albero, su ogni pianta di agrume. Lo scopo è verificare che tutto sia in regola. Se qualcosa non dovesse esserlo «ho la volontà e il coraggio – dice Papasso – per ordinare l’abbattimento di tutto quanto abusivo».
Sotto questo profilo c’è da segnalare anche che sulla zona stanno operando i carabinieri del Nucleo per la Tutela del patrimonio culturale, ai comandi del maggiore Raffaele Giovinazzo, unitamente alla compagnia di Corigliano. Ancora siamo nelle fasi preliminari, ma già dalla prossima settimana potrebbero esserci delle novità di rilievo. Intanto su Sibari continua a piovere. In serata il livello dell’acqua è continuato a salire arrivando quasi all’altezza del ponte sulla Ss 106.
Ma davvero la responsabilità non è di nessuno? Davvero la colpa è di quel Dio degli inferi che vuole punire la Calabria?
SIBARI (CS) – Qualche dio degli inferi deve essersi seriamente arrabbiato per l’indifferenza con la quale i calabresi trattano le loro ricchezze e sta sfogando tutta la sua rabbia sulla piana di Sibari. Continua a piovere sulla piscina che solo sei giorni fa erano gli scavi della più importante colonia della Magna Grecia. Le idrovore e i volontari che le utilizzano sembrano Davide che sfida Golia. I macchinari sbuffano e pompano acqua, ma questa continua ad arrivare copiosa. Dal cielo, ma anche dal sottosuolo. Il fenomeno tecnicamente si chiama “subsidenza”, in soldoni è la piana della Sibaritide che rischia di diventare una nuova Atlantide. L’Enea ha calcolato che questa terra sta scivolando verso il basso, cioè sotto il livello del mare, di quasi 3 millimetri l’anno. Insomma la situazione degli scavi di Sibari è a dir poco allarmante.Allora è giusto chiedersi come sia nata, come sia stato possibile che il Crati abbia esondato nell’indifferenza generale. E’ giusto chiedersi come sia possibile che sugli argini del fiume, in piena zona demaniale, nascano dei rigogliosi agrumeti. Domande che all’apparenza possono sembrare semplici ma diventano quasi un enigma a queste latitudini dove la burocrazia spezzetta in mille rivoli le competenze, in modo da diluire in maniera quasi impalpabile le responsabilità.
Per capire di cosa stiamo parlando, partiamo dal fiume Crati. In linea teorica la competenza sui fiumi è della Provincia. Questo ha pensato il sindaco di Cassano allo Jonio, Gianni Papasso. Ma ha subito scoperto che in realtà la Calabria è davvero una regione a sovranità limitata. Siamo commissariati in molti settori strategici. Non solo la sanità, non solo i rifiuti, ma anche sul dissesto idrogeologico. Esiste difatti un ufficio del “Commissario Straordinario Delegato per l’attuazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico nella Regione Calabria”. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21.01.2011 è stato nominato Commissario Straordinario Delegato per l’attuazione degli interventi, Domenico Percolla.Questi ha immediatamente assicurato che i fondi per mettere in sicurezza il fiume Crati c’erano eccome. Sul piatto erano belli pronti circa quattro milioni di euro. Ma c’era un piccolo problema: la Provincia, che non aveva avviato la progettazione degli interventi.Il sindaco, allora, ha immediatamente contattato l’assessore provinciale Arturo Riccetti che ha la competenza sulla difesa del suolo, il quale ha immediatamente avviato i primi studi per capire i punti nevralgici dove intervenire. Ma neanche questa volta il Crati ha ricevuto giustizia, perchè qualche tempo dopo pare che il commissario abbia avocato a sé anche la fase della progettazione.Il risultato finale è che i tempi si sono allungati a dismisura e sul fiume non si è presentato nessuno.
A quel punto il sindaco, mica si è arreso. Il 10 dicembre scorso ha preso carta e penna ed ha scritto al settore Difesa del suolo e Protezione civile della Provincia di Cosenza. L’oggetto della missiva non lascia adito a dubbi di sorta: richiesta sopralluogo per lo stato di pericolo e di rischio idrogeologico che interessa i terreni prossimi al corso dei fiumi Eiano e Crati.«Nello specifico – scriveva tra l’altro il primo cittadino di Cassano allo Jonio – mi preoccupa moltissimo il rischio esondazione del Crati, segnalato dai cittadini che vivono in contrada Lattughelle, per cui si rende necessario un intervento sugli argini del fiume».L a lettera in realtà un qualche effetto lo ha prodotto. Il 10 gennaio, a distanza di un mese, sono arrivati sul posto alcuni tecnici della Provincia che hanno effettuato il sopralluogo.
La cosa sconcertante è l’esito della ricognizione. I tecnici, infatti, hanno scritto che le condizioni del Crati non destavano particolari preoccupazioni. Ma siccome siamo nel Paese della burocrazia, in cui una frase può esentarti da ogni responsabilità aggiungevano, en passant, che comunque si sarebbero attivati con la Regione Calabria per chiedere i fondi necessari tramite ordinanza della Protezione Civile. Cosa sia successo in seguito è un mistero. Non si sono visti nè soldi, nè interventi di messa in sicurezza degli argini e il Crati è esondato.Lo ha fatto anche per la presenza di agrumeti lungo gli argini del fiume che hanno di fatto agevolato l’esondazione. Ma come si fa a piantare alberi in zone demaniali?Sbaglia chi pensa che questo fenomeno risalga nel tempo. Arrivando nella zona archeologica di Sibari c’è un agrumeto che fa bella mostra di sé, proprio sulla foce del Crati, in un’area più che protetta. E’ carino l’agrumeto, tutto bello recintato, con un ampio cancello che fornisce un comodo accesso al campo. I contadini della zona dicono che è stato piantato non venti o dieci anni fa, ma all’incirca due.Questa storia degli agrumeti abusivi o presunti tali, come dice il sindaco di Cassano, non è nuova. Circa quattro anni fa, in seguito all’esondazione che colpì la zona di Lattughelle, vennero aperte delle indagini da parte delle autorità competenti per capire se vi fossero degli abusi. Ma le indagini, a quanto ci è dato sapere, non portarono a nessun risultato. «Il problema è che molti terreni potrebbero essere privati – dice Papasso – nel tempo sono state concesse magari autorizzazioni, anche se non si poteva».
Per questo il sindaco ha ordinato alla Polizia Municipale di Cassano allo Jonio di effettuare verifiche minuziose su ogni albero, su ogni pianta di agrume. Lo scopo è verificare che tutto sia in regola. Se qualcosa non dovesse esserlo «ho la volontà e il coraggio – dice Papasso – per ordinare l’abbattimento di tutto quanto abusivo».Sotto questo profilo c’è da segnalare anche che sulla zona stanno operando i carabinieri del Nucleo per la Tutela del patrimonio culturale, ai comandi del maggiore Raffaele Giovinazzo, unitamente alla compagnia di Corigliano. Ancora siamo nelle fasi preliminari, ma già dalla prossima settimana potrebbero esserci delle novità di rilievo. Intanto su Sibari continua a piovere.