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COSENZA – Cinque delibere consiliari, approvate dal Consiglio comunale di Rende tra il 2007 e il 2009, in vista delle elezioni provinciali, avrebbero favorito il boss Michele Di Puppo e il sodalizio criminale dei Lanzino. Al centro delle deliberazioni, la «Rende servizi srl», società in house al Comune di Rende. È questo, secondo quanto emerge dall’ordinanza del gip distrettuale di Catanzaro, Livio Sabatini, il filone investigativo che ha portato in carcere l’ex sindaco della città, Umberto Bernaudo, l’ex assessore ai lavori pubblici, Pietro Paolo Ruffolo, e il presunto boss Michele Di Puppo. Secondo le ipotesi avanzate dal pm della Dda di Catanzaro, Pierpaolo Bruni, l’ente comunale avrebbe costituito la cooperativa, riconducibile a Di Puppo, affidandole alcuni servizi di utilità sociale, fino alla capitalizzazione per un importo di 8 milioni di euro con la concessione di un immobile, oltre a beni mobili per un valore di 369mila euro. Ad avvalorare le tesi investigative, la Dda di Catanzaro ha evidenziato le intercettazioni telefoniche, documenti acquisiti durante le indagini e varie testimonianze. Le accuse formulate dal pm Bruni riguardano anche la gestione dei posti di lavoro all’interno della società che, secondo l’accusa, sarebbe diventata «lo strumento per ottenere consensi elettorali mediante il fattivo ruolo di esponenti di primo piano della locale criminalità organizzata». Così, tra gli assunti nella società, sarebbero stati riscontrati parenti e affini della cosca Lanzino. La «Rende 2000», società cooperativa a responsabilità limitata, era stata costituita nel 1999 e nel 2002 si è aggiudicata un appalto per la raccolta dei rifiuti e la manutenzione degli immobili comunali per un periodo di tre anni, con un valore medio annuale di oltre 940mila euro. Tra il 2000 e il 2008 il numero di dipendenti, si fa rilevare nell’ordinanza del gip distrettuale, è cresciuto a dismisura, passando da 63 a 171 unità, con il volume di affari che invece è stato ondivago, considerati 1,4 milioni nel 2002, 2,3 nel 2007 e 1,8 nel 2008. Il 27 settembre 2008, evidenzia il pm Bruni, tutti i dipendenti della società cooperativa sono stati licenziati, per essere assunti due giorni dopo nella nuova «Rende Servizi srl» con socio unico a totale partecipazione comunale. Quindi, secondo il sostituto procuratore Pierpaolo Bruni, vi sarebbe stato «un accordo elettorale politico mafioso» che sarebbe partito dal Comune di Rende per interessare anche le elezioni provinciali a Cosenza, nel 2009. Del resto vi è un lungo elenco di dipendenti e collaboratori. Triplicati in pochi anni per trasformare, secondo l’accusa, la «Rende servizi srl» in una macchina di voti e nel terreno su cui intavolare i rapporti tra mafia e politica. E per dimostrare questa condizione, l’elenco è stato allegato all’ordinanza del gip Livio Sabatini. Nella lista di personaggi sul libro paga della società, emergono i nomi di Giuseppe Brillo, condannato a 22 anni, in primo grado, per omicidio, sostituito dal figlio dopo l’arresto; del cognato di Di Puppo e della figliastra del boss cosentino, Ettore Lanzino; del cognato di un capo bastone della stessa cosca. Ed ancora, l’ex moglie di un collaboratore di giustizia e un condannato per usura. Quindi, tanti personaggi legati alla cosca e frequentatori di coloro i quali avrebbero messo in piedi, secondo l’accusa, una fitta rete di rapporti tra mafia e politica. Nell’ordinanza, così come risulta dalle indagini del pm della Dda di Catanzaro, Pierpaolo Bruni, emergono anche rapporti tra la stessa società ed Ettore Lanzino, oltre a quelli con alcuni esponenti della politica rendese e cosentina

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