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CATANZARO – Si è concluso con uno sconto di pena il processo d’appello a carico di Cosimo Passalacqua, 54 anni, catanzarese di etnia rom, imputato per estorsione aggravata per avere, secondo l’accusa, costretto una famiglia ad abbandonare la propria casa per prenderne possesso. I giudici della Corte d’appello di Catanzaro (presidente Maria Vittoria Marchianò, consiglieri Giancarlo Bianchi e Ippolita Guzzo) hanno derubricato l’accusa nei confronti di Passalacqua – difeso in appello da Giuseppe Fonte – in estorsione tentata, ed hanno quindi ridotto la pena da 3 anni di reclusione e 600 euro di multa a 2 anni e 400 euro. La sentenza di primo grado per Passalacqua arrivò il 15 dicembre del 2011 al termine del giudizio abbreviato (che gli valse lo sconto di pena di un terzo), da lui scelto dopo la richiesta di processarlo con giudizio immediato avanzata dal sostituto procuratore della Repubblica, Alberto Cianfarini. Passalacqua era stato condotto in carcere dai carabinieri il 26 aprile 2011 in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa su richiesta della Procura, secondo la quale l’uomo avrebbe costretto una famiglia ad abbandonare la propria abitazione per insediarvi la sua. Il 17 maggio, poi, il tribunale del riesame di Catanzaro aveva rimesso in libertà il 54enne, disponendo a suo carico la sola misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di Catanzaro. I fatti contestati al rom 54enne, ben noto alle forze dell’ordine, riguardano un periodo che va da settembre 2010 a gennaio 2011. Le attività investigative dei carabinieri iniziarono dopo numerose segnalazioni relative ad un’autovettura, stabilmente parcheggiata nei pressi dell’anfiteatro del quartiere Gagliano, nella quale risiedeva un intero nucleo familiare. Lo scalpore suscitato nella cittadinanza trovò una risposta negli accertamenti effettuati dai militari, che consentirono di far emergere una triste realtà: la famiglia, che legittimamente occupava l’alloggio di edilizia popolare, sarebbe stata costretta sotto minaccia e con violenza, ad abbandonare la propria abitazione, dove si era insediata la famiglia di Passalacqua. Quest’ultimo, sempre secondo le accuse, avrebbe «concesso» agli sfrattati l’uso della propria Fiat Punto come alloggio.
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