X
<
>

Share
2 minuti per la lettura

 

COSENZA – In primo grado, con rito abbreviato, erano stati condannati a pene che andavano dai cinque ai sette anni di reclusione. E per tutti erano diventati “gli orchi di Cosenza”. Ora, però, la corte d’Appello ha ribaltato tutto: quella subita per anni da un giovane cosentino affetto da lievi problemi psichici non fu una violenza sessuale. E quindi gli imputati sono tutti scagionati perché «il fatto non sussiste».

 

Era la testi sostenuta dalla difesa che ha sempre ribadito che il giovane non era una vittima ma un attore consenziente. Riabilitati, quindi, Giuseppe Santoro, Massimo Lo Monaco, Ferdinando Mele, Aldo De Rose, Pasquale Andali,Giuseppe Pugliese, Antonio Donvito, Cosimo Pastorello,Vincenzo Gagliano

 

Gli imputati erano stati anche condannati al risarcimento danni in favore della vittima che si era costituita parte civile. Era stato proprio il giovane a confidare la vicenda che per quasi otto anni lo aveva coinvolto. Nell’aprile del 2011 si era rivolto al luogotenente dei carabinieri Cosimo Saponangelo. Raccontò di essere stato costretto a partecipare ai loro giochi erotici sia passivamente che attivamente nei luoghi più disparati della periferia cosentina: dal chiosco per le fototessere alla palestra di via Milelli, passando per i casolari abbandonati della periferia. Un rapporto sessuale si sarebbe consumato anche all’interno di una roulotte. Avevano applicato giochi erotici di ogni genere, facendolo in alcuni casi vestire con biancheria femminile. E in molti casi i rapporti erano diventati anche violenti, con il giovane legato ad un albero e frustrato o costretta a subire violenza con delle candele, una bottiglia di birra e un manico di scopa e barattoli di Nutella utilizzati come diversivo.

Ora la sentenza: non fu una violenza sessuale. E i difensori degli imputati contestano la «carneficina mediatica» alla quale sono stati esposti i loro assistiti.

 

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE