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SIDERNO (Reggio Calabria) – Non ha opposto resistenza all’arresto, anzi si è complimentato con gli inquirenti. Giuseppe Gallizzi, il boss sessantunenne arrestato dalla Polizia, e latitante da quasi un anno, è stato sorpreso all’interno di un appartamento ubicato al civico 38 di Via Bruno Buozzi, del Comune di Martone (Rc). Sull’abitazione che lo ospitava seguiranno ulteriori accertamenti volti all’identificazione del proprietario ed a risalire ad eventuali responsabilità in ordine al reato di favoreggiamento.
Boss della vecchia ‘ndrangheta della vallata del Torbido Giuseppe Gallizzi era sfuggito all’arresto il 31 maggio 2011, nell’ambito dell’operazione antimafia denominata «Minotauro», che aveva portato all’esecuzione di 150 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nei confronti di esponenti dei gruppi criminali ‘ndranghetistici inseriti nei «locali» piemontesi. Si tratta, secondo gli investigatori, di un personaggio carismatico e di notevole spessore criminale.
L’organizzazione di cui faceva parte il boss era caratterizzata dalla presenza per ciascun «locale» di organismi di vertice (“capo locale», «capo società», «mastro di giornata») e di affiliati subordinati; era ripartita in due compartimenti denominati «società maggiore» e «società minore» nonchè da un’articolazione territoriale denominata «bastarda», propaggine distaccata della «società» di Solano (Rc). Il latitante arrestato avrebbe svolto un ruolo rilevante nellle trattative per l’assegnazione del comando del «locale» di San Giusto Canavese, ed in particolare nell’avvicendamento tra Natale Romeo e Giuseppe Fazari. Anche in questo caso, come in quelli riferiti agli altri «locali», era determinante l’intervento delle massime cariche della ‘ndrangheta che avevano tolto «il bastone» del comando a Romeo intorno al mese di marzo del 2008 per consegnarlo a Fazari.
Ciò – emerge dagli atti – a causa dei ripetuti richiami che Romeo aveva ricevuto dai vertici dell’organizzazione per via della sua cattiva gestione della articolazione territoriale. Quella situazione provvisoria aveva avuto termine verso la fine del mese di aprile successivo, quando Romeo aveva ripreso il comando del «locale» grazie all’intervento di Giuseppe Barbaro. Il ruolo di Gallizzi nell’avanzamento in grado di Fazari emergerebbe dal contenuto delle conversazioni ambientali registrate all’interno delle autovetture in uso a indagati nello stesso procedimento penale che avrebbero confermato il suo ruolo che era sicuramente da individuare ai vertici della ‘ndrangheta calabrese.
Innumerevoli i precedenti attribuiti a Gallizzi, ufficialmente allevatore di bestiame. I suoi trascorsi criminali partono dal 1969 per giungere fino ai nostri giorni. Il boss sarebbe dedito alle estorsioni, al traffico di sostanze stupefacente e ad altri reati riconducibili all’appartenenza alla cosca della ‘ndrangheta facente capo a Totò Ursino.
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