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Ha riconosciuto «gli errori commessi in riferimento ai viaggi, alle cene pagate e alle escort», ma ha negato di essere stato «corrotto» dalla ‘ndrangheta. Così si è difeso Giancarlo Giusti, il magistrato calabrese arrestato due giorni fa nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Milano sulla cosca dei Lampada, nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip milanese Giuseppe Gennari. Il giudice, sospeso dal Csm lo scorso dicembre, era assistito nell’interrogatorio nel carcere di Opera, durato circa un’ora e mezza, dall’avvocato Teresa Puntillo, che è anche l’ex moglie del magistrato. Lo stesso legale ha affermato, al termine dell’interrogatorio: «Rinnoviamo in linea generale la fiducia nella giustizia. Il mio assistito – ha proseguito – ha riconosciuto in generale gli errori commessi in riferimento ai viaggi, le cene pagate le escort, ma ha negato di essere stato corrotto». La difesa ha anche chiesto al gip la revoca della misura cautelare. «Ora – ha chiarito il difensore – ci preme innanzitutto che sia libero, anche se ci rendiamo conto della situazione». È anche vero, ha aggiunto, «che nella posizione in cui si trova, dopo la chiamata in correità e la perquisizione, non c’e modo ove ne avesse voglia di reiterare il reato o di inquinare le prove. Ormai – ha concluso – quello che si è detto si è detto, la posizione è definita, delineata e la richiesta di scarcerazione non è stata fatta tanto per fare». Giusti è accusato di corruzione aggravata dalla finalità mafiosa perchè si sarebbe speso per la cosca nelle aste immobiliari, da lui stesso seguite, e in altre faccende giudiziarie, avendo in cambio tra l’altro soggiorni di lusso in compagnia di prostitute.
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