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Un sit in di protesta all’esterno del tribunale di Paola coperti da un lenzuolo bianco, come «fantasmi», e la richiesta che il processo a 13 imputati, tra ex responsabili e dirigenti dello stabilimento Marlane Marzotto di Praia a Mare, dismesso nel 2004, accusati della morte per tumore di una cinquantina di lavoratori, cominci veramente dopo sei rinvii. È quanto chiedono alcune associazioni e partiti in vista della prossima udienza, fissata per il 30 marzo. «Lo abbiamo scritto – sostengono in una nota – e non ci stancheremo di ripeterlo: quanta gente deve morire perchè la loro vita venga presa in considerazione? Non bastano oltre cento morti ed ammalati di tumore? Nel processo Marlane evidentemente questi numeri non bastano. Il gioco sporco del rinvio deve finire». Il Si-Cobas coordinamento Calabria, l’Osservatorio nazionale amianto, la Rete difesa territorio Franco Nisticò, il Movimento ambientalista del Tirreno, l’Acssa di Montalto Uffugo, Sinistra Critica ed il Pdci sostengono che «di fronte all’opinione pubblica nazionale, che piano piano sta scoprendo questo orrendo delitto, il processo deve iniziare dando la possibilità ai familiari ed agli ammalati di dire cosa davvero succedeva in quella fabbrica. La smettano i 13 imputati di rincorrere la prescrizione ed abbiano il coraggio delle proprie azioni. Hanno mezzi e soldi per potersi difendere, lo facciano con onore, senza scappare di fronte al nemico come vigliacchi. Lo diciamo anche a chi giudica a tutti i livelli. Che si risveglino le coscienze per le sofferenze di famiglie abbandonate dallo Stato e dalle istituzioni, per chi ha sacrificato la propria vita per il lavoro, per i sopravvissuti che ancora soffrono per le malattie contratte in quella fabbrica diventata un campo di concentramento». «Il 30 marzo – concludono – non vogliamo assistere ad un nuovo rinvio, per questo saremo in massa davanti al tribunale per dimostrare attenzione, sorveglianza, preoccupazione, solidarietà e non vorremmo assistere al solito ed estenuante teatrino che gli avvocati difensori tirano fuori ad ogni udienza. La giustizia non sempre funziona così, lo dimostrano le recenti sentenze sulla Tyssenkrupp e sull’amianto e crediamo che anche la sentenza Marlane possa cavalcare la stessa onda».

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