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di PIETRO RENDE
I parlamentari meridionali della Commissione bicamerale per i pareri sul federalismo fiscale prevista dalla legge n. 42/2009, e altri non meno distratti, hanno lasciato passare con l’astensione o il voto favorevole i pareri sui decreti delegati attuativi del municipalismo fiscale che investono il fondamentale motore produttivo meridionale che è l’edilizia, a prescindere dal Fondo perequativo che è stato demandato a un semplice decreto del presidente del Consiglio (Dpcm) Si tratta di un cedimento Machiavellico alla Lega, che ha ringraziato, e agli strati elettorali più illusi della Padania, che non si sono accorti del vuoto a perdere, o è il frutto di una pressione “nordista” che anche i quadri amministrativi del partito democratico subiscono tralasciando di affrontare una efficace definizione dei costi standards che ineludibilmente rinviano a medie statistiche future e ancor più al Fondo di perequazione di là da venire? Infatti, è impensabile che le aree più arretrate possano rientrare nella media dei costi standards senza un preventivo rafforzamento delle loro dotazioni infrastrutturali, finanziabili solo attraverso il Fondo perequativo che viene rinviato da un mese all’altro, così come l’annunciatissimpo “piano sud”, un altro Godot che non arriva mai. La Fondazione Agnelli e la Fondazione Banca Intesa-Cerm, nel 2010, hanno misurato il ritardo della scuola e della sanità nel Mezzogiorno, quest’ultima con un indice di divario pari al 59,1% del Molise (1°) E Gianfranco Viesti (quello di “Abolire il sud”) in un’audizione alla suddetta Commissione ha documentato proprio la mancata addizionalità dei Fondi europei rispetto alla diminuzione del 20% della spesa pubblica in conto capitale per investimenti, tanto che circa 25 miliardi di ex Fondi Fas ecc. sono già stati sottratti alle aree sottosviluppate e convertiti in spesa “corrente”. Adesso c’è subito da superare lo scoglio nord-sud dei criteri – demografici o di bisogno – per la suddivisione del Fondo sanitario, mentre i piani di rientro dei vecchi debiti vanno avanti mettendo le mani nelle tasche dei contribuenti, tartassati da crescenti addizionali alle imposte sul reddito e dai famigerati ticket, e non attendono certo l’esito di risibili tagli di durata ultradecennale. Tremonti, ritornato Colbertista e statalista a parole, invoca l’Iri; altri la Casmez; tutti hanno ormai l’impressione che “si andava meglio quando si stava peggio”. Nella Calabria “bella e feconda” (da Kalòs e Briòss, come traduce monsignor Agostino) sembra che si sia passati dal clientelismo alla concussione e corruzione di massa. Ci vorrebbe un altro Sturzo o Salvemini o almeno un Nitti, insomma un pensiero che superi il dualismo Export-Consumi interni, Competitività-Coesione, affermi e pratichi la centralità dell’impresa integrale come comunità valoriale e proiezione di personalismo sociale, “glocal”. Invece, ci si attarda in rimpalli tra statalisti e mercatisti, trascurando la reciproca inadeguatezza. Negli Usa, capitale e guida del neo-Keynesismo, Obama è stato costretto dai repubblicani a pesanti “tagli” di bilancio sulla sanità e l’assistenza, e c’è da giurare che questa terapia verrà seguita dai competitors europei col nuovo patto di stabilità europea, di cui pure i parlamentari meridionali parlano poco in vista delle prossime elezioni amministrative Montezemolo e Marcegaglia, invece, scaricano sull’immobilismo della politica e sulla pubblica amministrazione la incapacità di far crescere l’economia e l’occupazione (come solo Obama è riuscito a fare pagando l’inflazione e una sconfitta elettorale). Berlusconi, sui permessi di soggiorno, ha già scaricato e messo in dubbio il Trattato di Schengen e la credibilità dell’Ue in materia di coesione. Per la sua crescita occorre dunque un modello nuovo, che respinga l’illusione della “decrescita felice” e però vada ben oltre le tradizionali tre “S” dello Sviluppo automatico, della Solidarietà intrisa di sprechi e egoismi di genere e generazione, della Sussidiarietà che si tramuta in Secessione e Separatezza. Attendiamo con fiducia il Convegno su questi temi che terrà prossimamente a Cosenza l’Ucid (Unione cattolica imprenditori e dirigenti), non solo la principale corrente “cattolica” di Confindustria ma anche un “pensatoio” di sensibilità e ispirazione alle più recenti Encicliche, che s’interrogherà sul nuovo scenario mediterraneo che chiama il sud ad assumersi nuove responsabilità non certo di “militarizzazioni di frontiera” alla Calderoli ma alla luce di Etica, Impresa, Innovazione nel nuovo Dualismo italiano territoriale, generazionale e di genere. E illustrando l’esito di concrete esperienze come quella del Senior partner in Basilicata per i giovani laureati che vogliono inserirsi non solo nelle meritorie microimprese del microcredito di sopravvivenza ma nella nuova economia della conoscenza e innovazione, utilizzando la disponibilità di capitale umano tutorizzato da imprenditori seniores di qualità reputazionale, impegnati contro la fuga dei cervelli. Una fondata speranza di superare l’angoscia e la sfiducia dell’individualismo, compreso quella di famiglia, che non si apre alla cooperazione altrui e si macera in iniziative deboli e disabitate.
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