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Dopo l’ennesimo rinvio della data fissata per la firma dei contratti di assunzione, prevista il 30 aprile e il rinvio della data di presa servizio, fissata per il 3 maggio, motivata dal concomitante insediamento del nuovo Consiglio regionale, è montata nuovamente la protesta davanti Palazzo Campanella. A protestare sono i vincitori del concorso per 170 posti in varie qualifiche, una cinquantina di persone, che presidiano l’ingresso principale di palazzo Campanella contestando il fatto che l’annullamento della convocazione sia avvenuto a soci cinque giorni dalla data fissata e peraltro a cavallo di tre giorni di festa, il 23 aprile San Giorgio, festa patronale nella città dello Stretto e il successivo week-end.
I manifestanti chiedono l’intervento del Presidente della Giunta regionale Giuseppe Scopelliti, «per il momento – dicono – l’unica figura istituzionale regionale nel pieno delle proprie funzioni». Una di loro, Francesca si dice pronta a consegnare per protesta la propria tessera elettorale. «E lo stesso chiederò – afferma – che facciano i miei familiari».
C’è preoccupazione tra i dipendenti regionali in-pectore del Consiglio. «Se questa è la classe politica e la classe dirigente che ci deve rappresentare – sostengono – allora è meglio andare a lavorare fuori dalla Calabria». Sulla vicenda c’è da registrare l’intervento del segretario-questore uscente del Consiglio regionale Gesuele Vilasi che ha ufficialmente chiesto la convocazione urgente dell’Ufficio di presidenza del Consiglio «per conoscere – è scritto nella richiesta – i motivi di questa decisione».
«Per quanto mi riguarda – afferma Gesuele Vilasi – non ci sono motivi validi. Pertanto i contratti devono essere firmati, come previsto, entro il 30 aprile, fissando sin da subito un nuova data per la presa in servizio dei concorsisti vincitori anche in una data successiva al 3 maggio e, comunque, entro tempi relativamente brevi. Anche perchè so che parecchi di questi ragazzi, tra di loro molti padri di famiglia, appena ricevuta la lettera di convocazione si sono immediatamente dimessi dai posti che occupavano precedentemente rimanendo senza reddito».
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