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Si sono incatenate davanti all’ingresso dell’Ospedale di Locri 16 donne dipendenti di tre Cooperative sociali che si occupano delle pulizie dei bagni e dei reparti del nosocomio licenziate dalle loro cooperative perchè un’informativa interdittiva della Prefettura di Reggio Calabria evidenzia i loro rapporti di parentela con persone che hanno avuto problemi con la giustizia o ritenute contigue ad ambienti mafiosi. Una condizione esistente già un decennio addietro al momento della loro assunzione e che ora, dicono, viene segnalata «come fatto ostativo» perchè le cooperative possano continuare ad avere l’appalto delle pulizie con l’Azienda Sanitaria. Le lavoratrici interessate stamane hanno pensato d’incatenarsi davanti all’Ospedale locrese per dare più incisività alla loro protesta, che dura ormai da 10 giorni. Non riescono a capire – dicono – come sia possibile che nella Locride, dove da anni si stanno sperimentando – col placet del Ministero della Giustizia – progetti di inclusione sociale per il recupero degli ex detenuti e per offrire opportunità di lavoro ai loro familiari, oggi si adottino provvedimenti che tagliano completamente le gambe non solo a chi intende redimersi ma anche a chi con la giustizia non ha mai avuto problemi. «Si tratta di licenziamenti – spiegano – i cui motivi non sono contemplati nè dallo Statuto dei Lavoratori nè dal Diritto costituzionale. Noi vogliamo solo lavorare ed essere di buon esempio per i nostri figli che, diversamente, non sapranno quale strada seguire: o anche loro dovranno essere marchiati a vita?». Nei giorni scorsi ha chiesto la formazione di un tavolo permanente il presidente della Fondazione Zappia, Piero Schirripa, soggetto partner del «Patto penitenziario per la Locride» che mira al recupero sociale delle categorie svantaggiate. Molte le firme di solidarietà raccolte fino ad oggi dalle manifestanti davanti all’Ospedale di Locri.
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