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«Quanto risulterà alla mia morte a credito del conto 001-3-14774-c sia messo a disposizione di Sua eccellenza Giulio Andreotti per opere di carità e di assistenza, secondo la sua discrezione. Ringrazio nel nome di Dio benedetto». Firmato Donato De Bonis. Don Donatino, re dello Ior. Lascia tutto al divo Giulio.
Sono le sue volontà testamentarie.
Sul monsignore e i suoi rapporti con politici di alto rango se ne sono dette tante. Ci sono le rivelazioni del libro inchiesta dell’inviato di Panorama Gianluigi Nuzzi “Vaticano Spa”. Ma anche i racconti dello pseudo agente segreto truffatore Massimo Pizza. Diploma da perito chimico e specializzazione di tre anni in «armi ed esplosivi», Pizza è figura dalle «diverse identità e dai più disparati ruoli (conte, generale, ammiraglio)». Nel suo curriculum c’è anche la vicepresidenza dell’Associazione musulmana italiana. Davanti a un attonito pm Henry John Woodcock definisce don Donatino «Una persona potentissima». Fa credere al magistrato di conoscere bene la sua storia. Dice: «Donato De Bonis era il vicepresidente dello Ior, dopo di che è diventato, praticamente, dopo lo scandalo dello Ior, quando l’ha tenuto in mano saldamente con Marcinkus e dopo essere stato invischiato in tutte le trame più terribili che ha passato questo paese, per non essere arrestato, viene mandato con un incarico diplomatico e diviene il prelato del Sovrano militare ordine di Malta, che come lei sa gode dell’extraterritorialità ed è in via Condotti a Roma. De Bonis era una potenza assoluta e totale. Controllava completamente tutto e tutti e soprattutto era la lunga mano, proprio generale, anche quando Emilio Colombo era presidente del consiglio, contava più Donatino De Bonis che lui. Punto. Donato De Bonis in Lucania è una istituzione». Su questi racconti di Pizza nessuno mai ha svolto delle verifiche.
Pochi mesi prima che don Donatino mettesse nero su bianco le sue volontà, però, Andreotti ricevette un grande applauso nella chiesa di Santa Maria della fiducia a Roma. Raccontano che tra un migliaio di persone, una quindicina di cardinali, quaranta vescovi, c’erano anche Colombo e Francesco Cossiga. Erano lì per assistere alla consacrazione a vescovo di don Donatino. Lui si recò all’altare proclamo: «Voglio ringraziare il presidente Andreotti per averci salvato, con i suoi consigli. In una notte fonda, nei nostri uffici, con i suoi consigli, ci salvò da gravi rischi». Dalla chiesa partì un lungo applauso. E forse fu in quell’occasione che Andreotti si conquistò il lascito.
Fabio Amendolara

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