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di ROCCO PEZZANO
POTENZA – Non c’era il battitore con il martelletto che diceva «nove milioni e uno… nove milioni e due… aggiudicato al signore lì in fondo» quando la Basilicata è riuscita a piazzare il suo gas.
Attraverso la Sel, Società energetica lucana, la Regione ha venduto circa 44 milioni di metri cubi di gas al prezzo di dodici milioni e settecentomila euro.
Ovviamente, non era solo il battitore con il martelletto a mancare. Mancava materialmente anche il gas.
Ovviamente: la vendita all’asta del gas è effettuata presso un “luogo” che si chiama Punto di scambio virtuale. E l’aggettivo “virtuale” non è messo lì a caso nell’acronimo: di certo non si portano con sé quasi cinquanta milioni di gas naturale per farli vedere all’acquirente.
Il gas verrà immesso dalle compagnie petrolifere – in questo caso dall’Eni, che è operatore nei giacimenti della Val d’Agri – nelle condotte della rete nazionale.

Numeri
Di tutto il gas che l’Eni introduce – e che viene controllato da appositi misuratori – 44 milioni di metri cubi, ovviamente indistinguibili dagli altri metri cubi che passano nei condotti, riguardano l’asta. Anzi, le aste: si sono svolte il 22 e il 24 settembre scorsi, perché sono stati suddivisi i quantitativi di idrocarburo di pertinenza Shell e quelli di pertinenza Eni.
Il gas estratto in Val d’ Agri infatti viene suddiviso fra Eni e Shell, con quote diverse: della concessione “Val d’Agri” il 60,77 per cento è della compagnia italiana, della compagnia britannica il 39,23 per cento.
La Regione Basilicata ha diritto al 7 per cento del gas portato in superficie. E questo 7 per cento – che in passato non è stato sfruttato dalla Regione in questo modo perché non c’erano gli strumenti operativi per farlo – è stato messo all’incanto al Psv.
Il 22 settembre sono state aperte le buste per le offerte relative al gas della Shell: 17.469.714 metri cubi. Una vendita scaglionata mese per mese lungo un periodo che va da ottobre 2009 a marzo 2010.
Il 24 settembre invece è stata la volta delle quote Eni: 27. 061.803 metri cubi.
In totale, 44.531.517 metri cubi.
Il valore sul quale è stato calcolato il ricavo – come spiegano dalla stessa Sel – è il cosiddetto Qe: si tratta di un indice che rappresenta la quota energetica del costo della materia prima, stabilito dall’Autorità per l’energia e il gas. Un prezzo medio, per semplificare.

Prezzo valorizzato
Non è il costo di mercato, che oscilla costantemente.
Quando la Regione Basilicata stabilì il meccanismo della vendita del gas, stipulò un accordo con le compagnie petrolifere che garantiva una soglia minima di costo unitario, e la legò al Qe.
Il Qe del 2008 era di 28,551 centesimi di euro per metro cubo. Per questo motivo, l’ente regionale non ha perso quasi tre milioni e mezzo di euro.
Se avesse ottenuto sic et simpliciter il corrispettivo dei prezzi di mercato – che oggi sono molto più bassi di quando l’operazione venne immaginata – avrebbe incassato dalle due gare 9.397.986 euro (divisi in 3.822.898 euro e 95 centesimi per la quota Shell e 5.575.087 euro e 13 centesimi per quella dell’Eni).
Invece, la Regione – grazie alla decisione di “valorizzare”, come si dice in gergo economico, il prezzo unitario di vendita al Qe – ha incassato 12.730.559 euro.
E quindi oltre 3.350.000 euro in più rispetto al valore ottenibile applicando il prezzo di aggiudicazione delle procedure d’asta (che era quello di mercato: la parte Eni è stata venduta a 19,75 centesimi di euro al metro cubo, la parte Shell, solo due giorni prima, a 21,88 centesimi al metro cubo).
Il meccanismo è complesso ma in poche parole significa questo: l’asta si è svolta ai prezzi di mercato, ma alla Basilicata è stato corrisposto, per ogni metro cubo, il Qe, e dunque fra i 7 e i 9 centesimi in più al metro cubo.

Mercato
Il gas segue l’andamento dei prezzi del petrolio. Da lontano, però: gli effetti si hanno con circa sei mesi di ritardo rispetto al prezzo al barile del greggio.
Quando la Basilicata ha agganciato il risultato d’asta al Qe il petrolio era a 148 dollari al barile e sembrava non fermarsi mai. Il gas era a livelli alti, e perciò il Qe del 2008 arrivò a quasi 30 centesimi di euro al metro cubo.
Poi il prezzo sul mercato cominciò a calare. Lo Stato italiano ha messo all’asta una quantità ingente di gas ma, avendolo fatto a prezzi di mercato senza il paracadute del Qe, ha perso circa 60 milioni di euro.
A parte la Basilicata e lo Stato, nessun altro ente istituzionale in Italia ha messo all’asta il gas di propria competenza. Pare che la Calabria voglia fare lo stesso con alcuni giacimenti di gas. Ma le aspettative sono molto al di sotto di ciò che può incamerare la Basilicata.

I vincitori
Ad essersi aggiudicate il gas lucano le seguenti società: Energetic Source, Elettrogas, World Energy, Heracom, E.On Energy Trading, Acea Electro Label, Utilità, ViPi Italia.

Aspettando Total
La previsione di qualche mese fa era di vendere 62 milioni di metri cubi. Il fatto di averne invece ceduto quasi venti di meno è legato alla produzione più bassa nel 2008.
Un’altra conferma dei volumi calanti nelle estrazioni dei giacimenti storici della Basilicata, quelli Eni-Shella.
Ben altri risultati si attendono invece da Tempa Rossa, ossia dai giacimenti della Total (anche lì c’è una quota della Shell).
Soprattutto perché la Total non riconosce alla Basilicata le sole, consuete royalty, ma ha accettato nell’accordo con la Regione la cessione di tutto il gas che verrà estratto.
In un’intervista concessa il 27 novembre dell’anno scorso a Quotidiano Energia, il presidente della Sel Rocco Colangelo dichiarava di aspettarsi un guadagno annuo di oltre 45 milioni di euro derivanti dalla vendita di 150 milioni di metri cubi di gas.
Ma la Total è ferma per le proprie questioni giudiziarie e per ora si può fare affidamento solo sull’idrocarburo valdagrino.

Gas & sole
La Sel ha previsto di utilizzare i ricavi da vendita del gas per progetti legati alle energie alternative. In particolare al solare fotovoltaico (ossia quello che trasforma i raggi del sole direttamente in energia elettrica, diverso dal solare termico che invece utilizza la forza del vapore).
I dodici milioni di euro verranno utilizzati per realizzare impianti fotovoltaici. Tre megawatt di potenza riguarderanno le aziende sanitarie, ventuno megawatt strutture che privati costruiranno su terreni abbandonati di proprietà della Regione.
In particolare i parcheggi dell’ospedale San Carlo di Potenza, del Madonna delle Grazie di Matera, del nosocomio di di Viggiano verranno coperti da pannelli solari.
L’energia prodotta verrà immessa nella rete elettrica, il ricavato servirà ai bilanci delle Asl.
Verranno invece concessi finanziamenti a privati che vorranno sposare il piano della Sel. La Società energetica metterà a disposizione il terreno, il progetto preliminare, il documento noto come Stmg (Soluzione tecnica minima generale, fondamentale documento rilasciato dal Gse, il gestore nazionale delle energie rinnovabili) e le autorizzazioni del caso. All’impresa spetterà mettere il resto dei soldi e costruire materialmente le strutture.
Poi, una volta ceduta la corrente elettrica al Gse, il ricavato va in parte al privato – e pare si parli di guadagni assai consistenti – e in parte ad abbattere i costi energetici delle aziende sanitarie lucane.
La Sel assicurerà una serie di controlli e i collaudi delle opere.
Sulla carta, sembra un progetto utile alla sanità e capace anche di creare economia locale. Come sempre, dai proclami bisognerà attendere le realizzazioni.
Per ora, dalla Sel spiegano di essere nella fase preparatoria delle gare che decideranno quali privati otterranno i finanziamenti. Si stanno anche attendendo i “diritti di superficie” dei suoli regionali.
r.pezzano@luedi.it

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