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Ci sono due siti in cui sicuramente ci sono dei rifiuti tossici: mercurio, antimonio, bario. Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Paola, Bruno Giordano, all’uscita da Palazzo San Macuto, dopo l’audizione davanti la Commissione bicamerale sui rifiuti, facendo riferimento alle scorie radioattive seppellite nel greto del torrente Oliva a Serra d’Aiello (Cosenza). Sulla questione della nave dei veleni ritrovata a largo di Cetraro, il procuratore ha invece fatto sapere che continuerò le indagini in sinergia con la Procura di Catanzaro.
«Nave dei veleni e rifiuti nel terreno – ha detto il procuratore Giordano – sono due fascicoli differenti. Quelli sul terreno non vengono dalla nave: anche se teoricamente potrebbero venire da dovunque. Allo stato non esiste alcuna relazione tra la nave trovata al largo di Cetraro e quello che abbiamo a Serra d’Aiello». Secondo Giordano, «un terzo dei rifiuti è radioattivo. Un carotaggio ha rivelato anche un ‘sarcofago’ in cementò profondo due-tre metri, è chiaro che è un rivestimento fatto ad hoc per contenere materiale nocivo. Vi abbiamo trovato bario e mercurio in concentrazioni elevatissime. Non radioattivi ma micidiali per la salute».
« Abbiamo poi un rilevato a monte dell’alveo, a margine del torrente Oliva – ha continuato il procuratore – di 40-50 mila metri cubi di terreno. Anche lì sono stati fatti carotaggi: oltre al mercurio in concentrazione 200 volte superiore al valore normale, abbiamo trovato cesio 137 a quattro metri di profondità». «L’ipotesi degli esperti – ha spiegato Giordano – è che si tratti di ‘terreno infettò portato via da altre zone». Se questo terreno è di provenienza italiana o estera «lo dovrà accertare chi di dovere. Bisogna tenere presente che siamo arrivati alla radioattività non per caso, solo con il rilevatore, ma perché dalle foto satellitari (termografiche) emergeva una differenza termica di 4-8 gradi rispetto alle altre aree della zona».
L’inchiesta sulla cosidetta “nave dei veleni” è stata invece definitivamente trasmessa a Catanzaro «per competenza». «L’attenzione è stata estrema – ha detto Giordano – e tutto lascia pensare che ci sia la volontà di venire a capo di questa situazione».
«Bisogna tener presente – ha detto ancora il procuratore Giordano – che la Procura di Paola sono io e una collega, che pur bravissima, è sommersa dal lavoro come me. Poi il collaboratore di giustizia, Francesco Fonti, cui la scoperta della nave ha dato riscontro, dice che si è trattato a tutti gli effetti di un ‘business’ di mafia, delle cosche di San Luca e Cetraro». «Mi pare chiaro, quindi – ha aggiunto Giordano – che gli ulteriori approfondimenti debbano essere operati dalla Direzione distrettuale antimafia in collegamento con le altre direzioni distrettuali, che già si sono occupate a vario titolo di Fonti e di altri casi analoghi».
Sulle difficoltà della procura di Paola è intervenuto Gaetano Pecorella, presidente della Commissione bicamerale sui rifiuti. «Informeremo la Presidenza del consiglio e il ministero dell’ambiente per segnalare cosa ci è stato segnalato oggi – ha detto Pecorella dopo l’audizione del procuratore di Paola a Palazzo San Macuto di Roma, cioè delle difficoltà in cui si muovono i magistrati della Calabria, data la complessità delle indagini e dato anche il loro costo economico.
Pecorella ha anche annunciato che nei prossimi due giorni verranno ascoltati gli altri magistrati che hanno collaborato alle indagini e, dopodomani, l’assessore all’ambiente Greco. «Ci muoviamo con i piedi di piombo, ha continuato Pecorella – su dati che sembrano confermare le dichiarazioni del collaboratore, ma al momento non abbiamo il nome della nave e la prova che quello che conteneva erano rifiuti radioattivi».

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