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di ROCCO PEZZANO
Il timore degli esponenti del centrosinistra lucano è il sogno delle compagnie petrolifere: un iter per la concessione di permessi di ricerca e di estrazione di idrocarburi che sia centralizzato e veloce. Ieri a materializzare le paure degli esponenti del Pd della Basilicata ci ha pensato Vincenzo Santochirico, assessore all’Ambiente della Regione Basilicata.
Dice Santochirico nella sua dichiarazione ufficiale: «Gli abitanti della Basilicata trattati allo stesso modo di paesi come la Nigeria, l’Angola o la Guinea Equatoriale: da oggi, per estrarre il petrolio dal sottosuolo nella nostra regione è sufficiente un accordo fra il Governo e le multinazionali, alle quali basterà andare a Roma e contrattare con il ministro Scajola.
Alla Basilicata nessuno dovrà chiedere nulla o dare in cambio qualcosa: sono saltate le garanzie per la salvaguardia del territorio e quindi ogni possibilità per la Regione di negoziare benefici per il suo territorio e i suoi cittadini.
Questo meccanismo perverso è il risultato di un’operazione in cui sono complici e conniventi il Go-verno di destra e le grandi multinazionali del petrolio: sono gli effetti del disegno di legge approvato ieri per chi legge, al Senato chiamato “Sviluppo e internazionalizzazione delle imprese”, sulla base del quale i permessi di ricerca e le concessioni per l’estrazione di idrocarburi possono essere rilasciati senza l’Intesa Stato-Regione, bensì con un procedimento unico in capo all’Amministrazione dello Stato. Si torna indietro di dieci anni privando la Regione del suo potere di autodeterminazione e riducendola, appunto, a colonia».
In realtà ieri il Senato non ha approvato il disegno di legge, ma solo numerosi emendamenti. I lavori si sono conclusi a tarda sera e sono stati rinviati per mancanza del numero legale. Degli emendamenti che provocherebbero la centralizzazione dell’iter di concessione ieri non si è proprio parlato. Ma in effetti della questione si discute da tempo, almeno dal 24 ottobre dello scorso anno, quando il deputato del Pd Salvatore Margiotta disse che il ministro Claudio Scajola voleva accentrare il meccanismo attraverso l’autorizzazione unica. L’accusa di Margiotta confermava quanto aveva denunciato lo stesso Santochirico poco prima. E’ probabile che sulla volontà del governo abbiano pesato le pressioni che da tempo le società petrolifere fanno ad ogni occasione utile. Da Assomineraria – l’associazione di categoria di chi estrae idrocarburi – più volte si è chiesto alle autorità che i tempi per le autorizzazioni (che oggi possono essere anche di parecchi anni) vengano abbattuti drasticamente, magari eludendo alcune pastoie burocratiche. La ratio di questa richiesta: favorire la produzione di greggio “nostrano”.
Le Regioni non hanno mai deciso in merito alle estrazioni petrolifere: da sempre è lo Stato (in particolare il ministero dello Sviluppo economico attraverso un ufficio chiamato Unmig) a concedere permessi per cercare ed estrarre oro nero e gas. Ma sono molti i passaggi in cui l’amministrazione regionale viene chiamata in causa, fra Valutazione d’impatto ambientale, documenti di vario tipo e infine la famosa (per gli amministratori locali) o famigerata (per le compagnie petrolifere) Intesa, documento finale con cui la Regione analizza nel dettaglio il progetto e dà il proprio parere. Beninteso: la Regione non può bloccare la richiesta di una società: può farlo solo il ministero. Ma la maggiore o minore scrupolosità dei tecnici regionali può costituire un osso duro anche per la più potente delle multinazionali. Il timore espresso ieri da Santochirico è che anche questo ruolo venga meno.
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