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Descrivere un’esperienza di questo genere non è facile, gli stati d’animo prendono il sopravvento e ciò che sembra scontato per l’autore potrebbe non esserlo per il lettore, tuttavia non raccontare vorrebbe dire lasciare in “sordina” un messaggio gridato a forte voce dalla popolazione Abruzzese.
Tutto è nato dalla volontà del Gruppo Giovani della parrocchia di Acciarello ad organizzare una raccolta di beni di prima necessità per le popolazioni terremotate. Dopo i primi timori e scoraggiamenti, si parte.
La raccolta va benissimo, ma le risposte di chi decide di non partecipare alla solidarietà sono di un agghiacciante menefreghismo: “Che me ne frega a me?”, oppure: “Io ho bisogno chi dà qualcosa a me!…”.
Nonostante queste risposte, che lasciano atterriti i componenti del gruppo di raccolta, la solidarietà è stata veramente tanta, tanto da farci decidere, il martedì – 21 Aprile – in fretta e furia, di trovare un secondo mezzo per il trasporto.
Il Mercoledì, grazie anche all’ Associazione Cattolica e agli Scout della Parrocchia SS. Maria del Rosario e alla Fiamma Tricolore sezione di Villa San Giovanni tutto è pronto e si parte.
Partiti alla volta di Poggio Picenze, alle ore 7.15, dopo mille peripezie lungo il tragitto, siamo arrivati sul posto alle 20.15 circa.
Man mano che ci avvicinavamo alle zone colpite dal sisma, guardando le case diroccate, ci rendevamo conto della gravità della situazione e di cosa ci aspettava una volta arrivati al campo.
Arrivati l’accoglienza è stata delle migliori, abbiamo conosciuto subito un signore Casertano dal nome Mimmo che, guarda caso, aveva lavorato vent’anni a Catona!
Purtroppo anche in certe situazioni qualche individuo tenta di arricchirsi sulle spalle degli altri, tanto che qualcuno ha cercato addirittura di farci scaricare i prodotti da noi portati nel proprio garage di casa!
Entrati “miracolosamente” dentro il campo (e sottolineo Miracolosamente perché a nessuna persona non autorizzata è consentito entrarvi), sembrava che non fossimo mai stati altrove nella nostra vita, hanno adibito subito una tenda per farci dormire la notte e ci hanno invitato a metterci in fila per la cena.
Visitato brevemente il campo composta da un tendone mensa, una tenda TV, 5 tende adibite a scuola, un tendone ludoteca, uno chiesa e circa 100 tende per le famiglie, ci siamo, poi, diretti verso la mensa.
Entrati dentro abbiamo visto circa cinquecento persone, delle settecento residenti al campo, sedute in tavoli che consumavano rumorosamente la cena.
Appena siamo stati davanti alle ragazze che distribuivano le porzioni del pasto, sentendoci parlare, ci hanno chiesto: “Ma voi siete calabresi?”.
Questa era la seconda volta che ci sentivamo rivolgere queste domanda in soli 15 minuti!
Finalmente abbiamo avuto la possibilità di conoscere la famigerata signora Patrizia, la signora della protezione civile con la quale abbiamo preso i contatti per il nostro viaggio.
Seduti a tavola in mezzo a 500 persone, ci sentivamo come un’unica grande famiglia, che insieme cerca di “remare” per
venir fuori da una terribile situazione.
Gli occhi delle persone sedute a tavola erano spenti, cupi, alla ricerca di motivazioni per andare avanti nella vita.
Dopo cena, ci siamo soffermati con i volontari della protezione civile a scambiare scherzose chiacchiere, ma anche a farci raccontare le situazioni del campo. Cosi facendo abbiamo conosciuto Simona, Vesna e, meglio, la Signora Patrizia.
Arrivati in tenda, la temperatura non era delle migliori, ma rimaneva comunque a circa 8°. Passate le 4 del mattino, questa è scesa vertiginosamente, tanto da costringerci ad una sveglia al canto del gallo.
In quel momento abbiamo capito il dramma della gente del posto: freddo, neve, acqua e sole, rappresentano per loro sfide giornaliere alle quali noi, dentro le nostre comode case, nemmeno pensiamo.
Fatta un’abbondante colazione e presa visione del campo alla luce del giorno, siamo partiti per scaricare i furgoni in dei magazzini vicini.
Il panorama è incantevole, noi eravamo ai piedi di un’affascinante montagna innevata la cui vetta supera i 2000 metri.
Scaricando, abbiamo potuto conoscere la simpatia degli Alpini che gestiscono un magazzino da cui attingono prodotti vari tutti i paesi limitrofi.
Tornati al campo, abbiamo scaricato gli scatoli contenenti vestiario, olio e giocattoli.
A questo punto la mitica figura di Padre Giorgio, parroco di Poggio Picenze, è venuta fuori.
E’ passato in mezzo alle tende col suo “chiamerino” – che sarebbe il megafono – gridando: “Donne, sta aprendo la nuova boutique di Poggio Picenze, venite, sono arrivati i reggiseni!”.
Tra le risate comuni, le donne hanno risposto alla chiamata e, nel giro di mezz’ora, hanno trasferito gli indumenti da noi portati dentro una tenda, e hanno ridistribuito quasi tutto.
Allora, ad uno di noi, è venuta la geniale idea di realizzare una bella insegna per questa nuova boutique e, preso un pezzo di cartone, ha scritto: “Boutique da Padre Giorgio, solo per pochi giorni offerta speciale, tutto gratis”.
Erano le 11.30 e tutto era pronto per la nostra ripartenza, ma rimaneva ancora una cosa da fare: prendere accordi per un nuovo viaggio.
Parlando con la signora Patrizia e con una Signora del posto, abbiamo capito che, quello che mancava era: il Grana, la carta forno e i dadi di brodo vegetale e, qualora avessimo avuto la possibilità, le Big Bubble per i bambini.
Tutte cose, che avendo le possibilità economiche e tempistiche, avrebbero pure potuto acquistare loro, tutte cose reperibili in uno dei supermarket de L’Aquila che hanno riaperto al pubblico.
Abbiamo deciso, allora, di posticipare la partenza di qualche ora e di andare insieme a Mimmo e Urto – un ragazzo del posto – all’Aquila per comprare i prodotti elencati dalle signore con i soldi rimanenti dal viaggio.
Nel viaggio di andata e ritorno da L’Aquila, abbiamo potuto osservare meglio i danni causati dalla sciagura; case accartocciate su se stesse, strutture con profondissime lacerazioni, ma, nonostante tutto, qui la vita sta pian piano riprendendo, a differenza della periferia come Poggio Picenze dove la vita è ferma al giorno del terremoto.
Nello spostamento, in oltre, siamo passati da Onna, paesino a soli 3 Km da Poggio, nel quale sono morte 40 persone su soli 300 abitanti e di cui non rimane quasi pietra su pietra.
Tornati al campo, abbiamo lasciato la spesa appena fatta nelle mani delle ragazze della cucina e, dopo una caloroso arrivederci con la gente del campo, ci siamo rimessi in marcia.
Questo non è un racconto di una storia straordinaria o di un gesto che ha cambiato la vita di qualcuno, è solo il racconto di un gesto fatto con amore e che ci ha portato a conoscere gente eccezionale come Vesna, Urto, Patrizia, Mimmo e Padre Giorgio.
Grazie persone dell’Abruzzo, grazie per averci insegnato a migliorarci, attraverso una delle esperienze più belle delle nostre vite.
Daniele Brancati
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