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di Giuseppe Gallinella

Il notevole divario nel campo socioeconomico, istituzionale e sopratutto nel campo dell’istruzione, è ancora distinto quanto evidente tra le regioni del settentrione con quelle del meridione. Difficile non ricordare quella scellerata modifica del governo Renzi il quale depredo i fondi scolastici al Sud per equilibrare il Jobs Act al Nord, che con l’avvento del ‘Governo del Cambiamento’ nulla è cambiato soprattutto nei confronti della scuola.

Renzi nella sua ‘riforma’ della scuola nemmeno tentò di sanare il divario sull’istruzione

Sebbene quel piano sia rimasto invariato, con l’avvento del governo Lega-M5S i 3,5 miliardi del Piano di azione e coesione destinati al Mezzogiorno si sono persi nelle casse istituzionali del Nord penalizzando, appunto, tutto il Sud. Ad esempio in Puglia, Campania e Calabria sono stati revocati 730 milioni di euro destinati a 549 interventi su scuola, efficientemente energetico, cultura e turismo, rigenerazione urbana e politiche sociali.

A lanciare l’allarme non solo sono gli stessi dirigenti scolastici, i quali sottolineano la mancanza del Governo Conte incline a limitare quella legittimazione di finanziare l’economia del Nord dove il Governo continua a concentrare gli investimenti e lo sviluppo, ma persino le organizzazioni industriali lamentano la carenza di professionalità e la scarsa concentrazione per uno sviluppo maggiore del Mezzogiorno. 

Il progetto ‘Grande piano per il Sud’, il quale tra l’altro convince poco acclamato dal vicepremier Luigi Di Maio, potrebbe essere varato, a quanto pare, nel caso si arrivasse a dare il via libera all’autonomia differenziata e condizionata. Un progetto che si troverebbe con problematiche di formazione. 

La formazione

Secondo i dati ISTAT, al Sud le persone che hanno al massimo il diploma di terza media sono il 32,7% di coloro che hanno tra i 30 e i 34 anni a fronte del 16,4% medio in Ue (36,2% nelle isole) mentre coloro che in questa fascia di età hanno una laurea sono appena il 21,3% (il 20,9% nelle Isole) contro il 40,7% medio in Ue.In Italia è in media più alta la percentuale di abbandono scolastico (14,5% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni a fronte del 10,6% medio in Ue), soprattutto a causa dell’alto tasso registrato tra i ragazzi sardi (il 23%) e siciliani 22,1%).La stessa alternanza scuola-lavoro, che dal 2005 i governi hanno cercato di potenziare e di incentivare (anche se dall’attuale esecutivo è stata dimezzare l’orario di lavoro), al Meridione si svolge spesso con difficoltà, a causa quasi sempre del basso numero di aziende e industrie in grado di recepire giovani in formazione. Sostanzialmente siamo ancora molto lontani dall’obiettivo di Lisbona dell’80% di diplomati nel 2020, e disperdiamo risorse anche con i ragazzi che non completano l’obbligo scolastico o addirittura non arrivano al terzo anno della scuola secondaria di primo grado.Alla stregua dei dati appena citati, invertire questa tendenza nei prossimi anni sarà molto difficile. Perché intanto questa situazione – fa male dirlo – ha riprodotto una scuola di classe (al Nord) per ricchi del Sud completamente separata da quella per i meno abbienti, che rimangono a casa. Alla faccia della ‘Buona Scuola’.


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