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Alcuni sindaci

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I sindaci delle regioni del Nord si vantano di essere eccellenti amministratori, dispensano consigli ai più sfortunati colleghi del sud e non perdono occasione per salire in cattedra a spiegare al popolo il perché vogliono maggiore autonomia e soldi dallo Stato centrale: siamo così bravi a gestire la cosa pubblica – sostengono – che sotto la nostra guida i denari dei contribuenti si moltiplicheranno come d’incanto.

Peccato che da quando l’ordinamento giuridico italiano ha introdotto la procedura di dissesto per gli enti locali – era il 1989 – e di riequilibrio finanziario, 190 comuni del centro-nord sono finiti a gambe all’aria. Solo in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, vale a dire le tre regioni capofila nel richiedere l’autonomia differenziata a scapito del Mezzogiorno, i campanili che hanno dichiarato la quasi “bancarotta” sono stati 59. Sempre meno (molto meno) di quanto è avvenuto al Sud, d’accordo, ma sono i padani a voler fare da maestrini al prossimo senza che in realtà se lo possano permettere.

LA SPALLATA

Ossago Lodigiano, Robecco Pavese, Caselle Landi per i lombardi; Ligonchio, Collagna, Carpineti per gli emiliano-romagnoli; Chioggia, Salzano, Spinea per il Veneto, tanto per citarne alcuni. Gli Einstein della finanza pubblica per dare una mano ai sindaci maldestri – o come quasi tutti messi in ginocchio da una crisi che non guarda la carta geografica – vogliono drenare risorse immeritate dal resto del paese, concentrandole a casa loro. Così il Sud, già messo male, diventerà un vero buco nero. E’ stata certamente la grande crisi economica a dare una seria spallata al problema degli enti locali in dissesto.

Come sottolinea il Rapporto sui comuni pubblicato sabato scorso dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, il numero di quanti hanno attivato nel 1989 le procedure di dissesto e riequilibrio era di complessivi 133, in costante discesa fino al 2007 quando fu presentata una sola domanda. Dal 2008 il balzo: 6 fino ad arrivare nel 2018 a 30 dissesti e 45 riequilibri. Gli enti locali devono attivare lo stato di indigenza non solo se non sono più in grado di pagare i creditori, ma anche quando mancano i fondi per garantire i servizi e le funzioni minime per soddisfare le esigenze primarie della collettività.

CITTADINI SPREMUTI

L’attivazione della procedura obbliga gli enti locali a spremere ulteriormente le tasche dei loro cittadini, applicando le aliquote massime tra quelle discrezionali. I minori stanziamenti da parte dello Stato riservati al Meridione hanno provocato una vasta moria di piccoli e grandi comuni nel territorio (circa 800) impoverendo ulteriormente i suoi cittadini, ma anche il più strutturato e ricco Nord, come abbiamo visto, non ha festeggiato, nonostante le ben più cospicue risorse di cui può disporre. Solo le regioni autonome settentrionali se la sono cavata bene: zero dissesti in quasi trent’anni. A mettere tutti in seria difficoltà sono gli stock dei debiti che nel complesso degli enti locali ha raggiunto la ragguardevole cifra di 87 miliardi circa. Importo, come ricorda il sito Truenumbers, che si è ridotto rispetto al picco del 2012, il tutto grazie all’aumento della pressione fiscale e ai tagli delle spese, quindi dei servizi.

PIEMONTE E CALABRIA

La regione con la situazione finanziaria più preoccupante è il Piemonte e la città di Torino spicca tra tutte: è il comune più indebitato in relazione al Pil tra i grandi centri del Paese. A metterlo in seria difficoltà sono state le Olimpiadi invernali del 2006 e le tante strutture che ha costruito o rinnovato a debito. I piani di rientro previsti sono saltati in aria per l’arrivo, alla fine dell’anno successivo, della grande crisi. Oltre al Piemonte, il rapporto debito/Pil più elevato si trova in Calabria (circa il 10%). Complessivamente il debito dei comuni italiani è pari (dati 2017) a 39 miliardi, mentre le regioni pesano per 31 miliardi su un totale dei debiti delle amministrazioni locali di 86 miliardi e 877 milioni. Dei soli debiti delle amministrazioni regionali, 9,5 miliardi gravano sulle spalle di quelle settentrionali. Il Centro-Nord unito vanta debiti regionali per quasi 20 miliardi su 31; il Sud per 11 miliardi.


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