Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea
3 minuti per la letturaIL SOVRANISMO feudale francese, mascherato a parole di europeismo liberale, è un problema serio per la Francia e per l’Europa. Il sovranismo dichiarato italiano è un problema gigantesco per il futuro dei nostri giovani e ci isola nel Vecchio Continente; per l’Europa siamo allo stesso tempo politicamente irrilevanti e il pericolo numero uno per l’euro e per l’economia.
L’Italia ha regalato all’Europa due statisti: il primo si chiama Alcide De Gasperi, trentino ma prima ancora italiano; è uno dei tre uomini di confine che, alla pari con il tedesco Adenauer e il francese Schuman, ha concepito e realizzato l’idea più bella che è quella di un mercato comune europeo e di un soggetto globale che ha messo i cittadini e il loro welfare al centro dell’azione politica.
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Il secondo si chiama Mario Draghi, e ha fatto qualcosa di più, ha salvato con due parole (whatever it takes) e una faccia (la sua) l’euro e l’eurozona alle prese con la seconda grande crisi, quella sovrana, la più dura per i Paesi del Sud Europa. Ha agito sempre dentro i suoi poteri ma ha rivelato la dote più importante di un banchiere centrale, la capacità di fare la mossa politicamente giusta nel momento giusto; il coraggio americano di una politica monetaria espansiva che non aveva mai avuto prima un banchiere centrale europeo, la forza di una leadership globale che libera l’Europa dalla dittatura del marco e non si esaurisce con la scadenza del suo mandato il primo novembre alla presidenza della BCE. >p>Draghi ha aperto un ombrello, quando nessuno voleva aprirlo, e ha consentito all’Europa e all’Italia di superare la seconda grande crisi; l’ombrello sopravviverà a lui perché ciò che ha fatto appartiene alla storia e, quindi, non si dissolve in una stagione.
De Gasperi e Draghi, ma in modo diverso e altrettanto forte Prodi e Ciampi nella costruzione e nella guida del progetto europeo, Monti commissario alla concorrenza e capo di governo europeista stimato, Andrea Enria prima alla guida dell’Eba ora della Supervigilanza bancaria della Bce, da Tajani alla Mogherini fino a Gualtieri, gli italiani con incarichi di responsabilità in Europa hanno saputo fare bene la loro parte. Sono stati all’altezza della storia e del prestigio di un Paese Fondatore.
L’ombrello monetario di Draghi è stato aperto per consentire all’Europa e a noi di sopravvivere alla nuova tempesta ed è stato tenuto aperto così a lungo anche per consentire senza costi sociali esagerati, a Paesi come Italia e Spagna, di fare riforme strutturali di lunga durata; per noi significa, soprattutto, rendere efficiente la pubblica amministrazione e affrontare in modo non assistenziale il problema del Mezzogiorno.
Qualcosa è stato fatto, ma poco, comunque insufficiente. Da un anno in qua si è fatto di peggio, molto peggio. Si è cominciato a prendere a schiaffi e a irridere chi ci ha salvato, si è smontato quel poco di buono che era stato fatto, siamo diventati il grande malato d’Europa e tutti ci isolano perché temono il contagio. Si è trasformato l’inesistente percepito in realtà, l’Italia è finita in una specie di grande fratello della politica e dell’informazione dove i ricchi saccheggiano i poveri, e tutto si muove (compresa la ricerca dei consensi) in una logica elettorale di stampo nazionalista regressiva.
Svegliarsi da questo brutto sogno, è assolutamente decisivo. Nel mondo vero c’è un credito europeo da sfruttare che i grandi italiani ci hanno consegnato e un Mezzogiorno da riscattare che deve cambiare testa, comportamenti e fare finalmente sistema. L’Europa solidale dei Fondatori – non l’obbrobrio egoista dell’autonomia differenziata – ci può salvare. Altre vie non esistono. Prendiamoci la cassetta degli attrezzi lasciata in eredità da Draghi e teniamoci alla larga da scorciatoie sovraniste e nuovi illusionismi. La parentesi cosiddetta creativa è durata anche troppo.
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