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Il parlamento europeo

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Gli italiani sono geniali. A vedere le dichiarazioni dei nostri politici di qualche tempo fa dovevamo andare in guerra con la Francia e invece i francesi continuano a farsi beffe di noi: c’è persino chi chiede al governo di intervenire e convocare John Elkann a presentarsi per spiegare al premier italiano le strategie industriali del gruppo dopo il fallimento della fusione di Fca-Renault-Nissan. Ma che avrebbe da dire il nostro presidente del Consiglio che sta in piedi per miracolo stritolato dai suoi due litigiosi sponsor? Mentre a Parigi discutevano della fusione, lui ventilava in diretta tv le dimissioni.

Siamo seri: chi chiederebbe il parere del nostro governo? Di questo come di quelli precedenti del resto, visto che in genere gli esecutivi italiani hanno una durata media di 13 mesi. I francesi hanno puntato i piedi e lo stato, che oltre a Renault è dentro anche alla Peugeot, ha detto di no. I giornali al riguardo grondano di notizie e congetture. E soprattutto di dichiarazioni in cui il leit motiv è che la Francia è un Paese europeista solo quando gli fa comodo. Mica come noi che oltre a essere europeisti siamo dei veri mondialisti: la nostra industria è finita in gran parte in mani straniere negli ultimi 10-15 anni ma ben poche volte si è levata qualche voce contraria. In Italia si mangia, si beve e ci si veste con marchi italiani famosissimi che sono quasi tutti in mano a stranieri, dai francesi, ai cinesi, agli arabi, ai fondi americani. Abbiamo venduto banche, assicurazioni, società di telecomunicazioni, industrie ferroviarie, motociclistiche, automobilistiche, produttori di pneumatici e di batterie. E persino il parmigiano reggiano, di cui diciamo di voler difendere il marchio nel mondo, è finito da poco in mano ai francesi: saranno altri a diffondere il Made in Italy al posto nostro.

Oltre la metà delle società quotate in Borsa sono in realtà controllate da gruppi esteri che in questi anni si sono impadroniti di oltre 500 aziende. Però sappiamo consolarci. Politici e opinionisti in questi anni ci hanno ripetuto un mantra consolatorio: che siamo pur sempre la seconda manifattura d’Europa dopo la Germania. In aprile però secondo alcuni dati Eurostat saremmo stati superati proprio dai francesi. In realtà leggendo i dati si capisce che non conta solo il valore assoluto ma anche il valore aggiunto, cioè noi produciamo in casa più componenti della Francia: e in questo ancora primeggiamo largamente. Quando però si parla di lavoro bisogna inserire un altro fattore. Una parte del divario tra Italia e Francia è spiegato proprio dalla differenza salariale: il costo orario del lavoro in media in Italia è di un quarto inferiore rispetto alla Francia. Siamo insomma pagati di meno.

Per consolarmi con un po’ di dolcezza scarto una caramella Sperlari. Accidenti: anche questo marchio è straniero, pure le caramelle se le sono comprate i tedeschi…


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