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L’Italia nel primo trimestre dell’anno è cresciuta la metà della crescita europea. Su base annua il divario si fa ancora più marcato perché la nostra previsione di crescita è addirittura pari a un terzo della media europea. Rimaniamo più che mai in bilico sul filo della crisi finanziaria.

LEGGI L’INCHIESTA DEL QUOTIDIANO DEL SUD SULLO “SCIPPO”
AL MERIDIONE PERPETRATO OGNI ANNO NELLA SPESA PUBBLICA

Di ciò troverete presumibilmente poca traccia nelle analisi quotidiane della congiuntura perché tutto il Paese, e noi siamo in prima fila, ha una gran voglia di tirare un lungo sospiro di sollievo per essere usciti dalla recessione “autoindotta” dal vaniloquio estivo di chi ci governa.

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Abbiamo fatto tutto noi insomma, prima e dopo: c’entrano meno di quel che sembri l’effetto Brexit e la guerra commerciale di Trump al resto del mondo, l’automotive ha sofferto di certo la crisi tedesca per carità, ma il tema di un Nord produttivo molto foraggiato dalla spesa pubblica e poco innovativo nella ricerca di base si fa sentire.

Agisce in proprio e scava di suo perché presta il fianco a una crisi di credibilità e di fiducia di origine politica. Detto questo, pero, è un dato di fatto che grazie a un provvidenziale aumento del prodotto interno lordo dello 0,2% nei primi tre mesi del 2019, quasi tutto peraltro frutto di domanda estera contoterzista o di subfornitura di qualità, possiamo dire di essere usciti dall’incubo peggiore. Ancora meno, probabilmente, potrete leggere che l’Italia è certamente fuori dalla recessione, ma non tutta l’Italia. Come sempre il Nord riparte e lo fa sia grazie ai regaloni di spesa pubblica che anche questo governo continua a elargirgli sottraendo al Sud ciò che gli spetta, sia grazie al traino della domanda globale. Il punto è che il Mezzogiorno, invece, è sempre in recessione ed è qui, nei suoi territori, che il Paese si ferma.

Non ci sono alternative.

Se l’Italia vuole agguantare davvero una crescita degna di questo nome deve fare la sua operazione verità e restituire il maltolto alle regioni più deboli. Non continuare a prendere in giro le sue comunità con le mancette di turno e i soliti scherzetti, come quelli ad esempio sul bonus occupazione, che non si sa mai quando parte, perché così si annullano, di fatto, gli effetti degli incentivi alle nuove assunzioni. Bisogna proprio cambiare registro. I cantieri vanno aperti, prima di tutto, al Sud. I trasferimenti in sanità, scuola e trasporti devono avvenire secondo fabbisogni determinati a livello centrale in proporzione alla popolazione e non attraverso il marchingegno della spesa storica.

Perché se no, inevitabilmente, il ricco diventa sempre più ricco e il povero sempre più povero.

Alla fine, in un giorno non molto lontano, anche il ricco scoprirà di essere molto meno ricco perché il povero è morto. Cerchiamo di evitarlo.


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