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Peppe Servillo

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MATERA – Questa estate è stato in giro con gli Avion Travel, da poco è stato pubblicato il suo secondo album insieme ai Solis String Quartet dal titolo “Presentimento” e il 29 settembre uscirà nelle sale cinematografiche il film che lo vede trai protagonisti “Indivisibili” per la regia di Eduardo De Angelis che tanto ha fatto parlare bene nell’ultimo Festival di Venezia. Peppe Servillo di cose ne fa davvero tante nel mondo dell’arte e tutte a livelli altissimi. Da questo pomeriggio fino a domenica sarà nella Città dei Sassi, sarà infatti uno dei protagonisti di “Materadio 2016”. Due appuntamenti al giorno, uno alle 16.55 e l’altro alle 19, leggerà con la sua incredibile e poliedrica verve “Le città invisibili” di Italo Calvino, a Casa Cava e in diretta su Radio 3. Prima di arrivare a Matera, il maestro Peppe Servillo si concede a un’intervista per il Quotidiano del sud.
Maestro, la Basilicata e in particolare Matera, l’ha frequentata spesso negli anni con le sue performance. Che idea ha di questa regione?
«Con il mio mestiere si gira molto e si desidera spesso di voler conoscere meglio i posti dove si capita velocemente. Sicuramente la Basilciata è una di questi. E’ una terra molto affascinante, c’è un’umanità varia e ricca. E’ una terra che fin da ragazzo attraverso la letteratura mi ha affascinato molto, soprattutto per la sua natura antica e magica al tempo stesso».
Per “Materadio” leggerà “Le città invisibili” di Italo Calvino . Qual è il valore che vorrà sottolineare in quest’opera?
«Il tema di Materadio quest’anno è l’utopia. Ambientare il tutto nei Sassi di Matera crea un gioco di rimandi molto interessante con il paesaggio che c’è intorno. Anche nella fantasia di chi ascolterà queste letture alla radio e magari ben consoce quel territorio. Dietro ogni sogno delle città di Calvino c’è un desiderio ma anche una paura. Sono città che raccontano le nostre ambizioni, i nostri desideri, ma anche i nostri timori riguardo tutto ciò che concerne il nostro futuro».
Ogni luogo ha un suo valore. Quanto possono essere importanti le conformazioni delle città per rappresentare e magari definire le virtù e i vizi di un popolo in teatro e nell’arte?
«Oggi spesso si corre il rischio soprattutto in un certo modo di arredare le città o di praticarvi commerci, di rendere le città tutte simili. Il nostro Paese da questo punto di vista si difende perché ogni città tende gelosamente a custodire la propria identità, in modo spesso molto intelligente attraverso tante abitudini e tanti modi di essere e di stare al mondo. Una delle ragioni del teatro e della letteratura è scoprire come popoli diversi da noi, fanno e vivono i nostri stessi sentimenti e i nostri stessi bisogni, ma li affrontano diversamente. Io credo che questo accenda la curiosità della vita delle persone: spiare come gli altri vivono i nostri stessi desideri, gli stessi bisogni e paure. Vedere perfino banalmente come gli altri si vestono, come mangiano, come parlano, come intendono le relazioni familiari. Tutto questo si traduce per me nell’interesse, nella curiosità che muove il teatro e la letteratura».
Ci sono però città che identificano un popolo che va oltre i propri confini geografici. Penso a Napoli, città a cui lei ha dedicato diversi suoi lavori artistici, pur non essendo la sua città. Napoli è un po’ la città dell’utopia guardando un po’ alla sua strana identità?
«E’ una città stretta tra il mare e il suo vulcano. E’ una città condizionata da questo paesaggio bellissimo e terribile che incute soggezione e paura. E’ una città che si è inventata una sua identità nel relazionarsi alla natura e al paesaggio. Ha un’umanità che conserva molto nel proprio modo di essere una natura antica, un’identità che difficilmente la modernità può modificare».
Maestro, l’ultima volta che l’ho sentita ancora non era salito sul palco insieme a suo fratello Toni Servillo. Come è stato recitare con lui e cosa porta con sé dall’incredibile successo de “Le voci di dentro”?
«Per me è stata un’esperienza ricchissima. Lo spettacolo è andato benissimo, con un grandissimo successo. Io in realtà ho debuttato da attore da prosa con questo spettacolo. Con Toni, il legame forte, la complicità di fratelli è servita ed è stato un trampolino per mettere poi in piedi una relazione artefatta ma interessante, affascinante e magica nello spettacolo. E’ stato tutto utile a riconoscere in questa opera di Eduardo, un’umanità antica che abita la città di Napoli e che però esprime vivacità e modernità, avendo suscitato l’interessa anche di platee straniere».
A proposito di Città Invisibili, quali sono le sue città che potrebbero definirla nella sua straordinaria poliedricità artistica?
«Nel mio mestiere le città, i paesi, i villaggi sono tanti. Faccio un mestiere che si fa per strada e che mi porta alla scoperta di posti dove probabilmente non sarei mai stato. La città che mi definisce e che mi incuriosisce è la città che ancora non conosco e che conoscerò al prossimo giro. Adesso intanto è sicuramente Matera,il desiderio di rivederla è tanto. La conoscenza di questa città non si esaurisce mai».
Concludiamo. Cosa è per lei la Bellezza?
«La Bellezza è un sogno e un’utopia che ci muove e ci motiva. E’ una parola difficile, ma si incarna spesso nell’umanità. Io sono sempre molto interessato alle persone, alle facce, al modo di parlare, al modo di muovere le mani, in questo io cerco spesso la Bellezza».

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