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Beppe Carletti e il Terzo tempo
 de I Nomadi
«In 50 anni  siamo cresciuti e il pubblico insieme a noi»
di FRANCESCO ALTAVISTA
PATERNO – «Noi non siamo più bravi degli altri, solo veniamo da più lontano».  Beppe Carletti  con questa frase figlia della sua 
grande umanità e semplicità cerca di spiegare  ben 50 anni di storia (nati nel 1963), con più di 300 pezzi scritti.  Saranno questa 
sera,  a partire dalle 22, al campo sportivo “Taddeo” di Paterno in un concerto di solidarietà per Alfonso Masino e si è sicuri 
qualcuno tornerà a casa  un po’ deluso per non aver ascoltato la sua canzone preferita,  ma come,  sorridendo ironizza, Carletti: 
«Questo è un  imbarazzo che ci invidiano in tanti». In anteprima rispetto al concerto  paternese  Beppe con la sua consueta gentilezza 
e umiltà si concede  ad un’intervista per il Quotidiano della Basilicata. 
Maestro, quest’anno è il cinquantesimo, per longevità nel mondo siente secondi solo ai Rolling Stone. Insieme a voi  anche il pubblico 
è cresciuto. Quanto è cambiata la famiglia Nomadi in questi anni?
«50 anni sono una bella responsabilità. La famiglia Nomadi  è cresciuta insieme ai Nomadi pian piano, tanta altra gente si è 
avvicinata  alla nostra storia, facendo sì che diventasse sempre più grossa. Il pubblico mi sembra migliorato per certi versi. Il 
pubblico che ci segue ha dell’incredibile, noi  non facciamo 20 concerti all’anno, ne facciamo tanti e la gente  viene a vedere  anche 
decine di  concerti nel corso di una stagione. Ed è bellissimo, io non scambierei il mio pubblico con nessun altro. Tutto ciò che ci 
circonda è cambiato- non so se in bene o in male- non saprei dire,  però il nostro pubblico è migliorato molto».
Si potrebbe dire : 50 anni e non sentirli.  Nell’ultimo disco “Terzo Tempo” cambiate stile e diventate più indie rock. I Nomadi non si 
fermano mai? 
«E’ chiaro che l’ultimo arrivato Cristiano ha portato questa ventata molto bella che ha coinvolto tutti. Ha rinvigorito tutti noi. I 
cambiamenti  non portano sempre male. Siamo ringiovaniti tutti. Questo disco  “Terzo Tempo” recepisse profondamente questo cambiamento 
e lo si sente tanto. Ed è una cosa bella dopo tanti anni, avere il coraggio e la forza di rinnovarsi. Non ci siamo seduti sugli allori 
della nostra gloriosa storia ma cerchiamo di andiamo avanti senza trascurare naturalmente il nostro passato».
Cristiano Turato giovane  e ultimo arrivato  ha scritto ben  4 brani del nuovo disco. In che modo si è confrontato con la sua 
lunghissima esperienza al vostro giovane nuovo frontman?
«Quando è arrivato Cristiano ci siamo confrontati all’interno del gruppo,  non abbiamo fatto questioni di anzianità e non abbiamo 
fatto fatica. La musica  è un lingua universale che tutti riconoscono, basta guardarsi in faccia. E’ stato molto facile confrontarsi, 
non bisogna chiudersi in sé stessi e mai pensare di aver raggiunto il massimo. Il gruppo non ha padroni, nei Nomadi  l’ultimo che 
entra nel gruppo ha la stessa forza degli altri. Questo vuol dire essere gruppo».
Rinvigorimento e cambiamento ma gli ultimi pezzi della scaletta, sono sempre “Canzone per un’amica”, “ Dio è morto” e “ Io vagabondo”. 
 Secondo lei, è possibile oggi raggiungere il livello  di questi brani?
«Non credo. E’ cambiato il mondo, l’aria che respiri ti porta a scrivere cose diverse da quelle degli  anni ‘60 e ‘70. E’ normale 
tutto questo. Bisogna andare avanti, ma la domanda  è avanti dove? Bisogna cambiare, va bene ma  cambiare  perché? Quando ascolto la 
radio con i pezzi in voga, mi accorgo che io non cambio quello che ho fatto io con quello che stanno facendo adesso, senza nulla 
togliere a loro. I valori che c’erano allora non esistono più, ci sono altre cose. Io credo che dopo “ Dio è morto”  per esempio  è 
difficile scriverne un’altra, è un manifesto quel pezzo, ha detto tutto è difficile continuare con la stessa potenza». 
Francesco Guccini  suo amico e collaboratore ha lasciato il palcoscenico ma anche se ci sono solo sei anni di differenza, oggi  
Carletti per spirito ed anima è considerato  il più giovane dei Nomadi. Cosa passa per la testa di una leggenda come voi quando si 
decide di lasciare o continuare? 
«Con lo spirito può darsi, non mi fermo mai. Ho cominciato a stare sul palco a 12 anni con la fisarmonica. La mia vita è sul palco. Il 
profumo del palco, il sapore del palco, vedere la gente che è davanti a te che canta le tue canzoni che scrivi da ormai 50 anni e vedi 
cantarle  dai più piccini e  dagli anziani, è difficile farne a meno, difficile scendere   dal palco, ci vuole coraggio e io questo 
coraggio non  ce l’ho. La dimensione di Francesco poi è diversa dalla mia, io faccio parte di un gruppo, lui è un’identità ben 
precisa, uno dei più grandi poeti italiani. Francesco stesso è in evoluzione ora scriverà libri probabilmente. Anche io sono in 
evoluzione  ma in altra direzione, mi metto ancora in gioco nelle canzoni. Io voglio vedere se riesco ancora a far emozionare le 
persone scrivendo canzoni». 
Concludiamo. Cosa è per lei la Bellezza?
«La Bellezza è stare su un palco a suonare, in mezzo a persone che ti vogliono bene».

PATERNO – «Noi non siamo più bravi degli altri, solo veniamo da più lontano». Beppe Carletti  con questa frase figlia della sua grande umanità e semplicità cerca di spiegare  ben 50 anni di storia (nati nel 1963), con più di 300 pezzi scritti.  Saranno questa sera,  a partire dalle 22, al campo sportivo “Taddeo” di Paterno in un concerto di solidarietà per Alfonso Masino e si è sicuri qualcuno tornerà a casa  un po’ deluso per non aver ascoltato la sua canzone preferita,  ma come,  sorridendo ironizza, Carletti: «Questo è un  imbarazzo che ci invidiano in tanti». In anteprima rispetto al concerto  paternese  Beppe con la sua consueta gentilezza e umiltà si concede  ad un’intervista per il Quotidiano della Basilicata. 

Maestro, quest’anno è il cinquantesimo, per longevità nel mondo siente secondi solo ai Rolling Stone. Insieme a voi  anche il pubblico è cresciuto. Quanto è cambiata la famiglia Nomadi in questi anni?

«50 anni sono una bella responsabilità. La famiglia Nomadi  è cresciuta insieme ai Nomadi pian piano, tanta altra gente si è avvicinata  alla nostra storia, facendo sì che diventasse sempre più grossa. Il pubblico mi sembra migliorato per certi versi. Il  pubblico che ci segue ha dell’incredibile, noi  non facciamo 20 concerti all’anno, ne facciamo tanti e la gente  viene a vedere  anche  decine di  concerti nel corso di una stagione. Ed è bellissimo, io non scambierei il mio pubblico con nessun altro. Tutto ciò che ci circonda è cambiato- non so se in bene o in male- non saprei dire,  però il nostro pubblico è migliorato molto».

Si potrebbe dire : 50 anni e non sentirli.  Nell’ultimo disco “Terzo Tempo” cambiate stile e diventate più indie rock. I Nomadi non si fermano mai? 

«E’ chiaro che l’ultimo arrivato Cristiano ha portato questa ventata molto bella che ha coinvolto tutti. Ha rinvigorito tutti noi. I cambiamenti  non portano sempre male. Siamo ringiovaniti tutti. Questo disco  “Terzo Tempo” recepisse profondamente questo cambiamento e lo si sente tanto. Ed è una cosa bella dopo tanti anni, avere il coraggio e la forza di rinnovarsi. Non ci siamo seduti sugli allori della nostra gloriosa storia ma cerchiamo di andiamo avanti senza trascurare naturalmente il nostro passato».

Cristiano Turato giovane  e ultimo arrivato  ha scritto ben  4 brani del nuovo disco. In che modo si è confrontato con la sua lunghissima esperienza al vostro giovane nuovo frontman?

«Quando è arrivato Cristiano ci siamo confrontati all’interno del gruppo,  non abbiamo fatto questioni di anzianità e non abbiamo fatto fatica. La musica  è un lingua universale che tutti riconoscono, basta guardarsi in faccia. E’ stato molto facile confrontarsi, non bisogna chiudersi in sé stessi e mai pensare di aver raggiunto il massimo. Il gruppo non ha padroni, nei Nomadi  l’ultimo che entra nel gruppo ha la stessa forza degli altri. Questo vuol dire essere gruppo».

Rinvigorimento e cambiamento ma gli ultimi pezzi della scaletta, sono sempre “Canzone per un’amica”, “ Dio è morto” e “ Io vagabondo”. Secondo lei, è possibile oggi raggiungere il livello  di questi brani?

«Non credo. E’ cambiato il mondo, l’aria che respiri ti porta a scrivere cose diverse da quelle degli  anni ‘60 e ‘70. E’ normale tutto questo. Bisogna andare avanti, ma la domanda  è avanti dove? Bisogna cambiare, va bene ma  cambiare  perché? Quando ascolto la radio con i pezzi in voga, mi accorgo che io non cambio quello che ho fatto io con quello che stanno facendo adesso, senza nulla togliere a loro. I valori che c’erano allora non esistono più, ci sono altre cose. Io credo che dopo “ Dio è morto”  per esempio  è difficile scriverne un’altra, è un manifesto quel pezzo, ha detto tutto è difficile continuare con la stessa potenza». 

Francesco Guccini  suo amico e collaboratore ha lasciato il palcoscenico ma anche se ci sono solo sei anni di differenza, oggi Carletti per spirito ed anima è considerato  il più giovane dei Nomadi. Cosa passa per la testa di una leggenda come voi quando si decide di lasciare o continuare? 

«Con lo spirito può darsi, non mi fermo mai. Ho cominciato a stare sul palco a 12 anni con la fisarmonica. La mia vita è sul palco. Il profumo del palco, il sapore del palco, vedere la gente che è davanti a te che canta le tue canzoni che scrivi da ormai 50 anni e vedi cantarle  dai più piccini e  dagli anziani, è difficile farne a meno, difficile scendere   dal palco, ci vuole coraggio e io questo coraggio non  ce l’ho. La dimensione di Francesco poi è diversa dalla mia, io faccio parte di un gruppo, lui è un’identità ben  precisa, uno dei più grandi poeti italiani. Francesco stesso è in evoluzione ora scriverà libri probabilmente. Anche io sono in evoluzione  ma in altra direzione, mi metto ancora in gioco nelle canzoni. Io voglio vedere se riesco ancora a far emozionare le persone scrivendo canzoni». 

Concludiamo. Cosa è per lei la Bellezza?

«La Bellezza è stare su un palco a suonare, in mezzo a persone che ti vogliono bene».

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